Seguo con curiosità e interesse gli interventi che animano la vita di Cooperativa, rendendola un ambiente vivo, partecipato, in crescita.
Premetto che non ho vissuto gli anni in cui nascevano le Comunità e si cominciava a lavorare su questa importante tematica; così come ancora non ho visto la serie SanPa.
Non ho neanche una grossa esperienza in fatto di dipendenze, per cui potrei parlarne più in maniera teorica che per esperienza sul campo.
Raccolgo però con piacere l’invito per la nostra équipe di partecipare alla discussione.
Ho avuto l’anno scorso l’incarico di lavorare sul Progetto Rise Up, su cui la nostra Cooperativa si è lanciata con passione, e finalizzato all’accompagnamento di minori consumatori di sostanze.
Innovativa la progettazione, innovativo l’intervento, difficile il lavoro; e questo già mi fa dire che siamo sulla strada giusta.
La stessa innovazione, fatica e lavoro che dalle vostre parole mi sembra sia accorsa proprio quarant’anni fa, nella canonica di Don Leandro.
Quindi, più o meno catapultato nel mondo delle sostanze e delle dipendenze, non sapevo bene come avrei potuto fare.
Ho avuto però la fortuna di essere affiancato da una collega preparata e professionale.
All’inizio del nostro servizio e nell’approccio a questa nuova avventura, ho pensato che la cosa migliore sarebbe stata seguire lei, guardarla, imparare il mestiere con pazienza.
Ho notato la sua accoglienza verso i ragazzi e le ragazze, la passione che la anima, l’intraprendenza nell’avvicinarsi a loro.
L’ho vista in azione mentre sollevava la paglia e puliva i box dei cavalli; nel maneggio dove le persone seguite dal Progetto hanno fatto un’esperienza di lavoro e volontariato; siamo andati assieme in montagna e ha propinato a me e a loro una fatica (non l’aveva dichiarata così impegnativa), che è stata una di quelle fatiche belle, formative, soddisfacenti.
L’ho vista arrabbiarsi e scontrarsi, quando necessario, affinchè la “tossicità” non della persona, ma del comportamento che poneva in atto, venisse messa alla luce, discussa, affrontata.
Soprattutto ho visto la capacità di trasmettere agli altri la sua fiducia in un cambiamento possibile.
I ragazzi, manco a dirlo, quando hanno una bella persona vicino, lo sanno apprezzare e infatti ho visto come l’hanno cercata, per raccontarle i momenti difficili e le cose belle.
Dopo un anno posso dire che lei conosce bene questo mondo, ma soprattutto conosce bene il mestiere dell’educare.
Mi accorgo che avrei dovuto parlare del modello educativo di Famiglia Nuova, e sono finito a parlare della mia collega.
Tuttavia rileggo gli altri interventi e scopro che, in fondo, non sono poi andato così fuori tema; tutti qua parliamo di incontri, che costituiscono le tante e diverse facce di un’unica medaglia: l’umanità.
Umanità intesa come insieme di persone in gamba, che creano Famiglia Nuova e che, senza troppa superbia, ma neanche con falsa modestia, possono davvero fare la differenza.
E di questa “Human Tribe” Giulia è un meraviglioso volto.
Tommaso
[illustrazione: Margaret Preston, Autoritratto, particolare, 1930]
- don Leandro Rossi, Le tentazioni delle comunità, “Utopia possibile”, numero 36, novembre – dicembre 1994, p. 5 – 6
- Bruno Marchini, SanPa ancora alla ribata, 7 gennaio 2021
- Alessandra Gandelli, Una via non ideologica ma critica, 9 gennaio 2021
- Mariarosa Devecchi, E quella sensazione di chiusura, 12 gennaio 2021
- Marco Sartorelli, Un modello che conosco, quello di Famiglia Nuova, 14 gennaio 2021
- Maurizio Mattioni, SanPa e il lento rimestare della memoria, 17 gennaio 2021
- Gian Michele Maglio, Non chiamiamoci del tutto fuori, 20 gennaio 2021
- Daniela e Carlo Cavalli, Anni intensi, 24 gennaio 2021
- V.C., L’immenso stupore di esserci ancora, 28 gennaio 2021
- Enrico Battini, Quanto male siamo disposti ad accettare per fare del bene?, 1° febbraio 2021