C’ero quando l’AIDS, cioè “la peste dei gay e dei tossici”, ha debuttato in società: con quella malattia, e con il Virus dell’immunodeficienza umana acquisita (HIV) che la scatenava, molte e molti di noi hanno dovuto fare i conti: senza farne esperienza diretta, ci siamo stati quando si è reso necessario accogliere e aiutare le persone che si contagiavano o che erano contagiate e che hanno pagato con molto dolore e sofferenza fisica, e spessissimo con la morte, il dramma di una pandemia senza cura.
E fino a quando il virus e la malattia sono stati controllabili con terapie sempre più efficaci, e ancora oggi, abbiamo rimboccato le maniche e ci siamo dati da fare perché le persone colpite avessero una casa di accoglienza e accompagnamento, a loro dedicata.
Tutte e tutti sapevamo che prendere o no l’Infezione non era una colpa e non era un merito: nessuno tra chi allora ha “beccato” il virus voleva l’AIDS; sono convinto siano pochissimi anche adesso.
Le pesanti frasi di giudizio TE LA SEI CERCATA, TE LA SEI MERITATA, hanno condannato a responsabilità diretta le persone che si sono scoperte positive al test. Una condanna sociale terribile che ancora oggi, nonostante scenari di malattia totalmente e globalmente cambiati, schiaccia nel silenzio e nel buio dell’anonimato chi per qualche motivo non è riuscito a proteggersi.
C’eravamo allora, ci siamo adesso e sono convinto ci saremo fino a che Hiv/Aids non saranno sconfitte definitivamente.
Bruno