Paola Arensi per “Il Cittadino”, 14 maggio 2010, p. 13.
Non è una casa come tutte le altre, non ci sono mamma e papà a confortarti se ti senti solo, ma senz’altro è un posto accogliente dove poter condurre una vita quasi “normale”. Il centro educativo residenziale Oceano di via Agostino da Lodi, in zona Pratello, è tutto questo e molto di più. Si tratta di un dono del cielo, realizzato nel nome di don Leandro Rossi, scomparso nel 2003. Un benefattore che continua a vivere, oltre che nel cuore e nei gestì dei tanti che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, anche in una casa famiglia che ospita dieci minorenni con situazioni critiche alle spalle. L’impegno dal sacerdote, che si batté a favore degli emarginati, ha trovato concretezza nella collaborazione tra le sue due creazioni cioè la Fondazione don Leandro Rossi e la cooperativa Famiglia Nuova. Don Leandro voleva infatti regalare motivi di speranza a tutti coloro c e si trovano in situazioni di bisogno o difficoltà, e soprattutto agli ultimi degli ultimi, a chi ha commesso degli errori e vuole riparare. «Nella colpa – ripeteva spesso – è già insita la pena: se hai sbagliato hai già pagato. La colpa trasforma la pena in responsabilità, ma la pena non cancella la dignità umana»
La struttura, gestita dalla cooperativa sociale Famiglia Nuova di Lodi, è seguita quotidianamente dal responsabile Andrea Varischi. «Lo stabile spiega – è molto moderno ed è stato progettato da esperti del Politecnico di Milano; si divide in due parti per un totale di circa 400 metri quadrati: una è la sede di Famiglia Nuova mentre l’altro ospita l’unica comunità per minori disagiati del Lodigiano. L’abbiamo inaugurata nel 2008 dopo una lunga fase di realizzazione e, a dimostrazione di quanto serviva un centro come questo, i dieci posti disponibili sono stati subito occupati. Qui l’ambiente è a basso impatto ambientale, termo ventilato, il riscaldamento è a pavimento, ci sono pannelli solari, legno e linoleum». Varischi ricorda poi le esperienze del passato in tema di assistenza ai minori in difficoltà. «In passato, quando chiuse la Fanciullezza di Lodi, era stata creata una piccola comunità per minori chiamata Kronos. Era il 2007. I posti disponibili – racconta – erano cinque e si trovavano in uno stabile di via Turati». Oggi, al contrario, ragazzi trai 12 e i 19 anni possono usufruire presso il centro Oceano di un ampio salone, che corrisponde all’ingresso, dotato di un grande tavolo per il pranzo e la cena in compagnia, divani, televisore, tavolo da ping pong. Vicino alla sala da pranzo e al soggiorno c’è una stanza con un computer che può essere utilizzata anche per vedere film o giocare alla play station. Nei pressi ci sono la cucina, un ufficio, una lavanderia, un magazzino e due stanze con bagno utilizzate dagli operatori. Uno di questi locali – sottolinea Varischi – è predisposto per accogliere, nell’eventualità, anche minori diversamente abili. Per ora non è mai accaduto, tuttavia potrebbe capitare, magari anche pe un semplice infortunio di uno degli ospiti, ed è sempre meglio essere pronti».
Al piano superiore sono state realizzate cinque camere da letto con capienza da uno a tre posti e un bagno comune con quattro docce e due toilette. Infine ci sono l’ingresso e un ampio giardino con erba verde e orticello. «Sono tutti spazi che i dieci ragazzi presenti, tra i quali ci sono italiani ma anche egiziani, marocchini e afgani, devono imparare a tenere puliti e in ordine in vista della vita autonoma che li attende in futuro – conclude Varischi -. Il personale, costituito da 8 operatori; cerca infatti di insegnare loro tutto ciò che avrebbero dovuto imparare in un normale contesto familiare. Inoltre ognuno dei ragazzi ha a disposizione una bicicletta, giochi o effetti personali di vario genere. Si impara a stare insieme, a seguire programmi comuni e percorsi personalizzati, a condividere gli spazi, a responsabilizzarsi, ad andare a scuola o a apprezzare corsi di alfabetizzazione per stranieri presso la “Don Milani” di Lodi che è sempre molto attenta agli allievi».
A fianco della casa è stato eretto un centro studi di circa 200 metri quadrati, parte integrante della costruzione, per permettere agli ospiti di avere anche una formazione culturale adeguata e infine essere inseriti, o reinseriti, nel mondo della scuola o del lavoro. «Vorrei lanciare un appello alle aziende del territorio che già ci sostengono – spiega il direttore generale di Famiglia Nuova Severino Berneri – affinché i nostri maggiorenni possano trovare un lavoro serio e sicuro e iniziare a sperare in un futuro migliore oltre che autonomo. Cerchiamo inoltre volontari disposti ad aiutare questi ragazzi nei compiti scolastici. Qualsiasi aiuto si rivela indispensabile dato che gli operatori sono pochi e devono seguire gli ospiti del centro ventiquattro ore al giorno. La solidarietà è il cardine di questo impegno perché problemi che si pensano lontani sono più vicini a noi di quanto si creda».
Da non ci sono persone pericolose, ma semplicemente ragazzi sfortunati
Ma chi sono veramente gli ospiti del centro Oceano di via Agostino da Lodi? «Si tratta semplicemente di ragazzi sfortunati – spiega il direttore generale di Famiglia Nuova Severino Berneri – e non, come credevano i cittadini del quartiere prima del nostro insediamento, di persone pericolose. Dopo le resistenze iniziali dei residenti, ora siamo molto felici di vedere che la gente si è accorta dell’errore: oggi in molti ci portano doni e buon cibo, altri ci segnalano se li vedono in difficoltà per strada. Insomma, il cuore dei lodigiani è venuto fuori e la diffidenza ha lasciato spazio alla solidarietà».
La missione di Famiglia Nuova è sensibilizzare il territorio affinché si prenda sempre più cura di ragazzini sfortunati che dopo il loro percorso in comunità si trovano ad avviare una vita autonoma partendo da zero. «Speriamo anche – continua Berneri – di riuscire a trovare loro un appartamento dove vivere in comune a buon prezzo quando, compiuti i 18 anni, devono lasciarci».
Gli ospiti arrivano al centro Oceano per le strade più diverse. «Dipende tutto dalle decisioni dei giudici minorili. Ci sono stranieri che arrivano qui perché in Italia non hanno nessuno che si occupi di loro. In qualche caso i giovani sono messi in stato di fermo dalla polizia (il centro, all’occorrenza, è anche un’alternativa alla restrizione minorile prevista per alcuni tipi di reati, ndr), oppure sono stati allontanati dalle famiglie con le quali è bene non abbiano più contatti. In molti altri, invece, sono ragazzi i cui genitori versano a loro volta in serie difficoltà economiche. Le situazioni sono molto diverse tra loro e i reali problemi dei nostri assistiti emergono soltanto dopo un po’ di tempo dall’accoglienza iniziale». Poi i due responsabili precisano: «Fortunatamente i ragazzi sono molto solidali fra loro e ciò in genere facilita l’inserimento. E ciò che dà soddisfazione è vederli tornare, per chiedere aiuto o semplicemente trascorrere qualche ora con noi, anche quando per la legge non sono più obbligati a stare qui».