Il 10 ottobre ricorre la Giornata Mondiale della Salute Mentale, una giornata necessaria per ripensare e approfondire quella parte della nostra salute che è da sempre stigmatizzata e ritenuta “altra”, lontana da noi, appartenente alla sfera dell’estraneo. La salute mentale riguarda invece tutti e la sua promozione verte verso lo sforzo alla ridefinizione dove lo spazio sia di accoglienza al benessere sociale.
Dall’ 8 al 10 ottobre a Lodi Curiosamente APS insieme a noi di Famiglia Nuova, il Centro di Psicologia e Psicoterapia Noesi e Genitori Tosti in tutti i posti, ha promosso una manifestazione sul tema invitando gli attori della promozione della salute mentale ma anche le testimonianze di chi ogni giorno vive e lavora con le vulnerabilità psichiatriche. Il titolo “Abitare la persona” richiama l’azione universale e comune di stare dentro il proprio sé, azione condivisa con l’altro, perché gli essere umani, pur con le proprie differenze, condividono strutturalmente gli stessi stati emotivi, pensieri, azioni. E allora ciò che è l’altro è un po’ anche ciò che sono io e, così, la difficoltà di comprendere gli altri si assottiglia sempre più fino a dissolversi.
Questo è un po’ ciò che richiama il docu-film di Francesco Munzi Kripton che filma 6 ragazzi ospiti di una comunità per disturbi psichici. La sensazione è quella di vedere sé stessi un po’ da lontano, di riconoscersi in qualche modo e per qualche motivo tanto nei ragazzi stessi che nelle loro famiglie. Persone che lottano quotidianamente contro i mali della propria mente e persone che agiscono mettendo in pratica azioni pensate per lenire questi mali. Sono gli operatori della cura (psicologi, psichiatri, educatori, ecc) che un po’ grazie alla propria formazione ma un po’ grazie al proprio savoir faire artigianale di essere umani che sostengono la vita di persone al margine della vita.
Presenza e assenza si alternano nelle discussioni dei relatori, esperti nell’incontro con l’altro che vive emozioni, paure, dubbi, che incontrano una sofferenza immensa nella gestione della vita quotidiana.
L’antropologia culturale ci indica di riflettere sul significato della vulnerabilità psichica: cosa significa dunque essere presenti? Il concetto di presenza è oltremodo molto affrontato nella letteratura antropologica, De Martino ci parla infatti di crisi della presenza.
Presenza significa essere inseriti in un rapporto indissolubile con il proprio mondo culturale, il sistema sociale che ci aspetta alla nascita, se tale rapporto decade, avviene una crisi della presenza che ci minaccia costantemente, le società semplici ovviavano alle crisi attraverso il rito magico. Tale rito nelle culture occidentali è diventato, se così si può dire, il sistema di cura. Anche Ervin Goffman sosteneva che ciò che consideriamo sintomo di malattia mentale non è altro che la violazione delle regole cerimoniali che appartengono alla scansione del tempo della vita quotidiana. È di fronte a questa angoscia che si situa la volontà di esser-ci, come presenza davanti al rischio di non esser-ci.
La chiave è forse un viaggio nell’assenza, per riconoscerla e lasciar entrare il desiderio, sostiene A. Andreoli, ospite del panel della manifestazione.
Una madre che ha dedicato gli ultimi dieci anni a lenire le ferite del figlio” uditore di voci” e a comprendere il suo nuovo mondo che spesso lo estranea dal mondo socialmente accettato. Lo stato patologico dell’individuo non accetta l’assenza, limitando o rendendo impossibile desiderare, sostiene il professor A. Andreoli. Il desiderio è dunque ciò che ci porta ad agire, la mancanza di questo, limita la nostra capacità di fare, questa è la riflessione costante durante le giornate del Caleidoscopio Fest.
Marisa Davolo e Morena D’Agostino