Valentina e Clara
A Roma per la Summer School 2023 di Forum Droghe e CNCA
L’edizione 2023 della Summer School ha avuto come tema del dibattito la prevenzione nei giovani secondo i princìpi della limitazione dei rischi. Le tre giornate di formazione si sono aperte con un importante confronto tra le politiche del “just say no” e quelle contrapposte del “just say know”. Se le prime puntano ad una riduzione del consumo fino all’eliminazione totale dello stesso, le seconde mirano ad informare quanto più possibile i consumatori, certi che una conoscenza approfondita riguardo il mondo delle sostanze possa portare ad un uso sicuro.
Le strategie politiche che sottostanno alla “tolleranza zero” e al “consumo zero” hanno conseguenze rischiose, prime tra tutte l’ignoranza e la disinformazione nonché l’addossamento di tutta la responsabilità ai singoli. Difatti, come evidenzia Zinberg, quando si parla di uso di sostanze non è sufficiente conoscere le specificità delle droghe e le caratteristiche psico-fisiche dei consumatori, ma diventa necessario tenere in considerazione anche il setting, quindi il luogo in cui si utilizza, senza tralasciare la cultura che lo rappresenta.
È proprio nella considerazione che si riserva all’ambiente che si vede la svolta tra le due prospettive:
il contesto diviene la principale risorsa in cui i ragazzi possono incontrare esperti con cui dialogare senza pregiudizi.
La Summer School ha permesso l’incontro e lo scambio tra educatori che lavorano con unità di strada dedicate alla promozione del controllo e alla riduzione del danno. Qui ognuna si focalizza sulle risorse – piuttosto che sulle mancanze – e l’obiettivo di tutte diventa favorire le competenze individuali e sociali. Affidare anche al terzo settore l’informazione sul consumo di sostanze significa condividere le responsabilità e attribuire a tutti i soggetti l’onere e l’onore di una nuova drug education. A tal fine ci si è chiesti se fosse possibile parlare di droghe a scuola e la risposta è stata complessa: “tutto è possibile se la comunità scolastica lo vuole”.
Il tema riguarda il genere di educazione che si vuole trasmettere e ancor di più l’identità che si vuole dare alla Scuola.
Conosciamo gli adolescenti? E soprattutto, li ascoltiamo?
Molti adulti, parlando di gioventù, proiettano le proprie definizioni sui ragazzi di oggi e mitizzano la loro stessa adolescenza senza accorgersi che le relative considerazioni sono ormai superate. Per questo motivo alcuni istituti prediligono percorsi di drug education poco efficaci: infondere paura con poliziotti o finanzieri che svolgono controlli nelle classi, chiamare testimoni che raccontano la propria esperienza di vita la quale, però, è stata vissuta in contesti completamente differenti rispetto a quelli attuali. Ancor peggio, alcuni scelgono di non parlarne considerando il mondo delle droghe ancora un tabù.
Non c’è da abbattersi però, perché sono state diverse le esperienze positive di professori e dirigenti “rivoluzionari” che hanno detto NO a questa impostazione classica per credere nel KNOW, convinti che l’informazione e la conoscenza siano la strada principe della riduzione del rischio. È grazie ad un organico adeguato e ad una collegialità multiprofessionale, nonché all’inserimento di nuove figure che aiutano ad affrontare la complessità della situazione attuale che diventa possibile conoscere per davvero i giovani e fare con loro un’educazione sulle droghe.
Per farlo sono fondamentali sia le ricerche quantitative che quelle qualitative. Se le prime permettono di focalizzare la realtà oggettiva e comprendere i flussi di uso e consumo, le seconde danno voce ai giovani e aiutano a leggere le sfumature che si nascondono tra i numeri e i grafici. Grazie ai molteplici studi è possibile comprendere che l’utilizzo di sostanze non è direttamente collegato al disagio, pertanto non vi è nessun significativo nesso di causa-effetto tra i due termini. Piuttosto, le risposte a diverse indagini e osservazioni ci dicono di quanto siano diversificate le motivazioni che portano i ragazzi a scegliere se e quali sostanze assumere.
Potrebbero e dovrebbero essere i docenti – adulti potenzialmente significativi che quotidianamente incontrano i ragazzi – a intraprendere relazioni educative strutturate non solo sulla trasmissione di conoscenze, quanto piuttosto su un dialogo aperto a qualsiasi tematica. A tal proposito, un argomento spesso accantonato è il corpo, dimenticandoci che è la principale fonte della salute e del benessere.
Durante un incontro un professore ha riportato la propria esperienza raccontando di come si è accorto della sofferenza corporale e della relativa ricerca di sensorialità nei suoi alunni: molti non fanno colazione, pranzano velocemente e da soli, soffrono di disturbi del sonno… Un giorno ha notato lo sfondo del cellulare di una ragazza e le ha chiesto cosa fosse: “la torta de nonna” ha risposto lei.
Forse è proprio questo che ci chiedono gli adolescenti, non tanto sostanze eccitanti o allucinogene, ma qualcosa di semplice e dolce da condividere con loro.