“Porca miseria: oggi l’acqua è sporca. Guarda qua che schifo. Ci sono pezzi di legno ovunque. E che sono sti pezzi di stoffa? Giorgina! Lascia stare quel bambino morto e vieni a mettere la crema ché il sole scotta!
Ma sto cavolo di Governo che ha intenzione di fare? Vorrà mica rovinarmi le vacanze? Un anno intero a lavorare per fare qualche bagno e va a finire che mi tocca accontentarmi di un mare in queste condizioni.
Ho pure fatto 800km per venire fino a qua per trovare un posto migliore…
Si decideranno a fare qualcosa una buona volta. Non è che questi migranti possono trasformare il mare in un cimitero. Perché non restano a morire a casa loro invece di rovinarmi la vacanza sporcando il mare?
Ma dove vogliamo arrivare con questa storia dell’inquinamento?”
Intanto a Roma.
“Un altro naufragio? Quanti? Eh va be’, l’altra volta erano 117. Stavolta non è andata male. L’importante è che non ci siano navi pronte a recuperarli. Vedrai che i prossimi ci penseranno bene prima di partire e rischiare di morire in mare. A quel punto non è meglio morire in Patria? Ah la Patria! Ah i valori! Ma dove vogliamo arrivare con questa decadenza morale?”
Ma dove vogliamo arrivare? Per quanto ancora questa breve storia resterà surreale e grottesca e lontana dalla realtà?
Stiamo perdendo come specie. C’era un tempo in cui l’espressione “essere umani” aveva una connotazione etica, positiva, che esprimeva solidarietà e fratellanza.
Ma dove vogliamo arrivare?
Scrivevo ieri questa roba qua, con i pensieri tutti rivolti a Curto, ai pezzi di relitto sulla spiaggia, ai lenzuoli bianchi allineati, ai pezzi di vite spezzate.
Scrivevo convinto di utilizzare un cinismo estremo. Speravo di utilizzare delle storie talmente lontane dalla realtà da suscitare uno scossone in chi avrebbe letto: “oh no. Io non vorrei mai diventare una persona capace di parlare in quel modo”.
E invece mi trovo a dover cambiare la domanda da “Ma dove vogliamo arrivare?” a “Ma dove siamo arrivati?”. Eh sì, perché se un ministro della Repubblica Italiana confonde la disperazione con la maleducazione, l’istinto di sopravvivenza o anche solo di emancipazione attraverso la ricerca di una vita migliore con l’irresponsabilità, direi che il limite lo abbiamo già superato.
La buona educazione, per il Sig. Ministro passa attraverso la scelta di rimanere nel posto dove si è nati e fare qualcosa per migliorare quel posto. Ministro, lo sa, la sua vita ce lo insegna così come la storia dell’umanità: l’essere umano si sposta per seguire l’innato istinto a migliorare le proprie condizioni di vita, in cerca della realizzazione delle proprie ambizioni, quando non solo della propria sopravvivenza. Napoli, Pietrastornina, Bologna, Lodi, Roma sono i segni della sua maleducazione? Non direi, no?
Se gli uomini primitivi non fossero stati maleducati e avessero iniziato a migrare alla ricerca di condizioni migliori di vita, noi non saremmo qui.
Viva la maleducazione alla sopravvivenza!
Ciro