Mi piace camminare nel Parco del Trasimeno: ho la fortuna di abitare molto vicino e attraversata la strada che taglia il paese (trafficatissima) sono tra i campi e la riva sud del lago.
Il mattino mi godo il silenzio e le luci dell’alba rimettendo in moto il corpo: qualche volta cammino ancora al buio su stradine conosciute provando ad indirizzare gli eventi del giorno, riuscendo anche a registrare, con lo sguardo, un importante aumento di cementificazione e quindi di illuminazione artificiale sui profili collinari che circondano il lago. Di giorno, quando posso, vado a cercare anfratti e pertugi di accesso alle piccole spiaggette, tra la vegetazione semi selvaggia di questa parte di costa; incontro animali selvatici di cui la zona è ancora ricca, ma rilevo anche l’incuria dell’uomo: plastiche e schiuma varia e altri scarti dell’uomo, non degradabili, si annidano nei canneti in cui nidificano gli uccelli migratori e stanziali. La perdurante siccità, con grave abbassamento del livello idrometrico e l’annuale, e sospetta, moria di pesci sono fotografie che deturpano l’immaginario agreste. Più cementificazione, traffico inquinante, modernità selvaggia resteranno mal governati e al servizio delle singole piccole proprietà meno potrà essere conservata quell’immagine bucolica che davvero corrispondeva, fino a qualche anno fa, ad un luogo ancora poco contaminato. Un luogo dell’anima.
Che sia l’operosità, talvolta distruttiva, dell’uomo a cambiare l’ambiente non c’è dubbio.
Qualche giorno fa sono tornato in un luogo abitato nei miei primi anni umbri. Oggi disabitato, risparmiato dalla millimetrica ossessione di decespugliare ogni centimetro quadrato di praticello, sta esprimendo il sopravvento della natura sull’uomo. I rovi, sempre fortissimi in natura, aggrediscono i manufatti meno solidi, quasi fagocitandoli, e rare orchidee spontanee sbocciano sul praticello muschioso antistante la chiesetta nella quale non si celebra più nemmeno la messa pasquale: mai viste nei 7 anni in cui molti calpestavano e radevano quel prato.
La vegetazione spontanea si sta riprendendo quegli spazi e con un po’ di nostalgia ho sperato e pregato, sì pregato, perché si arresti lo scempio di questa Terra.
Anche in questo luogo un po’ all’interno delle colline dell’Umbria la fonte di acqua freschissima, bene pubblico davvero prezioso, è asciutta, spero non inaridita irrimediabilmente.
Bruno