Lettera di Mariarosa Devecchi a “Il Cittadino”, 17 febbraio 2021, p. 37
“Siamo diventati grandi, abbiamo consumato tante scarpe, incontrato tante salite, ci siamo stretti a tante persone, alcune delle quali non ci sono più. Ciascuno ha dato il proprio contributo e ha fatto in modo che questa “utopia possibile”, come la chiamava il nostro fondatore don Leandro, continuasse a camminare sui sentieri battuti da un’umanità fragile, emarginata, discriminata, riconoscendo a ciascuno il diritto alla propria felicità.”
Ebbene sì, siamo arrivati. Questo Quarantesimo anno di noi, di me, di te e di tutta la nostra Famiglia Nuova si è appena concluso.
È un traguardo importante per tutti noi. Non abbiamo rinunciato a festeggiarlo e crediamo ne sia valsa la pena.
Abbiamo scelto di farci accompagnare dall’arte: un linguaggio universale che tocca il cuore e la testa.
Abbiamo ripercorso le nostre origini attraverso il monologo magistralmente scritto e rappresentato da Silvia Frasson, per ricordare il pensiero e la visione di Don Leandro, forse troppo avanti rispetto al suo tempo o forse troppo scomodo per trovare larghi consensi.
Abbiamo realizzato, grazie al grande Antonio Massarutto, il nostro bell’elefante, la scultura interamente fatta di legno recuperato, che si trova nei giardini di Villa Braila. Un simbolo di longevità e memoria, due caratteristiche a noi molto care, realizzata insieme ai minori accolti nei nostri servizi.
Abbiamo raccontato i cooperatori di oggi attraverso i volti di chi, quotidianamente, non si tira indietro nel lavoro educativo e sociale, mettendo passione, competenze e professionalità in quello che fa, al di là della convinzione generale che per il lavoro di cura serva solo il buon cuore. Li ringrazio tutti per esserci, ringrazio Ciro Vajro per aver immortalato i loro sguardi.
Abbiamo anche voluto guardare al futuro confrontandoci con altre realtà sui temi dell’inclusione, della cura, dell’accompagnamento educativo, del ruolo del lavoro nella nostra vita, attraverso conferenze e webinar, consci delle sfide che ci attendono e della necessità di comprendere, approfondire, capire per poterle affrontare.
Abbiamo realizzato un vero e proprio cammino tra i servizi, in modo da unire metaforicamente tutte le persone che, per tratti più o meno lunghi, hanno incontrato la cooperativa per necessità o per scelta.
Abbiamo percorso a piedi tutte le distanze, camminato in salita, in discesa, per sentieri poco battuti convinti che sia più che mai necessario condividere il peso e la responsabilità di ogni servizio indispensabile alla vita e al benessere comune, che non si debba cedere alla tentazione di concentrare ogni “potere” e ogni ruolo nelle mani di uno solo o di pochi.
Abbiamo chiesto a Jorit, street artist di fama internazionale, di dipingere la sua versione di Don Leandro, per riportare lo sguardo collettivo sul mondo delle fragilità, sul mondo dell’emarginazione, sul mondo dei “diversi” ma tutti facenti parte di una stessa tribù, la tribù umana!
Perché il suo volto ci ricordi quanto è fondamentale essere capaci di costruire situazioni di confronto e riconoscimento comune di problemi, valorizzando la capacità delle persone, di tutte le persone, di darsi da fare, per ricostruire o rigenerare legami.
Tutto questo non vuole essere una celebrazione alla persona di Don Leandro – che di sicuro avrebbe storto il naso a tanta fama e sfarzosità – ma vuole fare luce sull’idea che “è sulla memoria e sulla storia che si concepisce il futuro” partendo da ciò che è stato, creando nuove alleanze e nuove imprese capaci di mobilitare risorse in progetti innovativi, con il consolidamento del ruolo sempre centrale dell’ente pubblico nella gestione del welfare.
Ci teniamo a condividere tutta questa ricchezza di storie, volti e ideali anche con voi, che ci accompagnate quotidianamente nel lavoro al fianco dei fragili e degli emarginati. Questi 40 anni non sarebbero stati così ricchi senza la vostra vicinanza.
In questo lungo anno di incontri, eventi, iniziative, vi abbiamo sentito insieme a noi, pronti a gioire dei traguardi di una cooperativa fiorente e vivace come Famiglia Nuova.
Grazie di cuore per averne fatto parte.
Un caro saluto,
Mariarosa Devecchi