Il progetto TAG (Teens are growing) è stato avviato a maggio 2021 in partenariato con La Ricerca, grazie ad un finanziamento del SERT di Piacenza.
È un progetto finalizzato all’aggancio e all’intervento precoce con ragazzi che consumano sostanze e alcol, intercettando il ‘sommerso’, ovvero quella parte di popolazione che non è attualmente in carico formalmente ai servizi più strutturati. Prevede l’attivazione del dispositivo dell’educativa di strada sulla città di Piacenza e di uno Spazio Diurno presso l’oratorio di San Giuseppe Operaio.
Qui sotto un articolo di Tiziana Pisati per “Libertà”, pubblicato il 29 dicembre 2021, a p. 14.
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Piacenza. «Ciao ragazzi, mi chiamo Tommaso e sono un educatore di strada…» Più o meno è così che inizia l’approccio degli operatori della cooperativa “Famiglia Nuova” con i giovani che fanno gruppo per le vie, le piazze e i giardini pubblici della città. E non è detto che tutte le volte l’aggancio sia gradito, ma quasi sempre riesce e ha un seguito: piano piano si instaura un dialogo, l’educatore viene accettato e via via può tentare di condividere idee per proporre qualcosa da fare di nuovo e di diverso dal solito. «E anche quando fanno scena muta, e magari se ne stanno tutti a guardarmi come se fossi un marziano, come è capitato recentemente ai giardinetti di via Santa Franca, beh la prendo già come una prima risposta. Perché so che al secondo tentativo andrà meglio, si comincerà a dialogare.
Me lo insegnano anni di educativa di strada nel Lodigiano, dove operiamo dal 2008. I ragazzi hanno voglia di parlare con noi adulti, di essere ascoltati e di ascoltarci, desiderano il confronto», osserva Tommaso (Corvi), uno dei professionisti messi in campo dalla cooperativa che ha sede a Lodi e collabora con l’associazione “La Ricerca” con il progetto di inclusione sociale “Tag” (“Teens are growing”, ovvero “Gli adolescenti stanno crescendo”) che punta ad andare incontro ai giovani scendendo in strada, andandoli a trovare, per cercare un confronto, ascoltare, stimolare interessi, proporre opportunità che possano servire a crescere, magari imparando anche cose nuove.
L’intento è anche, e soprattutto, quello di intercettare forme di disagio e prevenire comportamenti a rischio.
«Si comincia col parlare di argomenti a loro più familiari: la scuola, lo sport, come trascorrere il tempo libero, i social… e appena si instaura un po’ di fiducia ti raccontano della loro vita, dei loro problemi, la famiglia, gli amici. Cerchiamo di capire come funzionano le dinamiche del gruppo, puntiamo a rafforzare gli aspetti positivi, individuiamo quali possono essere i leader capaci di promuovere azioni costruttive, alternative alla noia. E al momento opportuno proviamo a suggerire qualche attività, specie nel volontariato, li coinvolgiamo in iniziative di cittadinanza attiva come potrebbe essere la realizzazione di murales a tema». Tutto evolve in maniera molto graduale: i primi risultati – sottolinea l’educatore – si vedono a distanza di qualche anno.
Quelli del muretto…
Seduti su una panchina, a capannello fuori da un bar o nello slargo prospiciente una panetteria o qualsiasi altro negozio o locale, appoggiati a un muretto, nei parchi o nelle aree verdi dove si può restare per ore indisturbati: questi gruppi di ragazzi e ragazze riportano alla memoria le vecchie compagnie di giovani degli anni Settanta/Ottanta (nel ’91 ispirarono anche una famosa serie televisiva): si formavano al tempo del liceo e solo dopo l’università o comunque al primo impiego cominciavano a diradare. Ma queste compagnie 2.0 non sono proprio la stessa cosa: «Sono gruppi piccolini, a volte di 3-4 ragazzini, al massimo una decina. Ce ne sono tanti e in continuo mutamento, c’è molta rotazione» osserva Cristiana Passerini, responsabile dei Servizi Educativi di “Famiglia Nuova” che coordina la squadra di educativa di strada che dallo scorso mese di maggio si muove nei quartieri di Piacenza per svolgere una prima mappatura dei gruppi di teenagers (l’età varia grosso modo dai 14 ai 17 anni) con l’obiettivo di intercettare il “sommerso” fatto di situazioni non note ai Servizi territoriali o comunque fuori dai canali di intervento sociale più tradizionali. «È una realtà in continua evoluzione per questo stiamo procedendo in momenti della settimana e orari diversi. Cerchiamo di coinvolgere anche negozianti, baristi, persone che vivono in queste zone dove i gruppi sostano più frequentemente: ci aiutano a monitorare quanto accade, interagiscono con i giovani, li vedono, ci informano, ci aiutano a introdurci, a capire».
La mappatura
«Al momento – spiega Cristiana – le zone sotto osservazione sono il centro storico, in particolare la Cavallerizza, il sottomura, il Facsal, i giardinetti di via Negri e via Campesio, la Farnesiana, il Capitolo, corso Europa, la Galleana (compreso il parco e il territorio attorno alla parrocchia di San Giuseppe Operaio) e la Besurica. Cerchiamo di non sovrapporci ad altri percorsi di educativa di strada già attivi in questa città».
Qualche spinello
«Sia chiaro – puntualizza Tommaso – non stiamo parlando di giovani che necessariamente bighellonano tutto il giorno e se qualche situazione problematica l’abbiamo intercettata, perché è capitato di trovare il ragazzo o la ragazza più esposti al rischio di cadere in forme di dipendenza, qualcuno fuma spinelli, c’è chi ci ha confidato di aver consumato alcol, ma ancora non sono emerse situazioni particolarmente problematiche da farci pensare ad un’emergenza-Piacenza».
Con Tommaso Corvi, lavorano le educatrici Clara Carelli e Valentina Meazza, affiancati da Micol Terni de “La Ricerca”. Tra l’altro la storica associazione piacentina fondata da don Giorgio Bosini mette a disposizione anche uno spazio di aggregazione speciale per quei ragazzi e quelle ragazze che richiedono di essere seguiti con maggiore attenzione magari perché più vulnerabili o perché desiderosi di conoscere ambienti dove poter esprimere le proprie potenzialità: si tratta dell’oratorio inaugurato nell’ottobre scorso presso la parrocchia di San Giuseppe Operaio, dove è partita l’operazione “Let’ Sgo” – di cui riferiamo sotto – e per i più volonterosi si apre anche l’opportunità di fare tirocini per diventare a loro volta educatori.