L’ affossamento ieri al Senato italiano, della proposta di legge Zan, ci sbatte in faccia l’ennesimo sopruso nel rispetto dei diritti tra i più sensibili di questi tempi.
La condanna dei reati di omotransfobia non è ideologica: provate a camminare di sera, soli per le strade di qualche “metropoli” nostrana, ugualmente nelle strade centrali dello shopping o nelle periferie dimenticate di provincia, e immaginatevi di vivere una delle numerose identità sessuali che la diversità individuale può portarci in dono, o appunto in “castigo”: potrete sentire sul collo e in pancia l’ossessione discriminatoria dei bulli maschi, anche in gonnella. Fa un male cane ricevere complimenti retrivi, volgari e pesanti, che ti urlano in faccia denunciando, a chi poi?, illiberalmente la tua gaytudine. Per non parlare delle gravi violenze fisiche che ogni tanto fanno notizia solo se vengono denunciate. Quale è il diritto che lo consente? Quale la legge che valuta e sanziona, possibilmente ri educando sul tema?
Tagliola e voto segreto, franchi tiratori, e i soliti ignoti hanno sporcato la storia moderna del nostro paese: cosa ne facciamo del vino buono, del cibo succulento, delle meraviglie dell’arte e della nostra moda, senza la possibilità di vivere uno degli aspetti importanti della nostra personalità. Sui diritti civili degli altri abbiamo mostrato chi siamo: nevrotici e machiavellici, votati a coprire le proprie emozioni, e manipolando il significato di genere e identità sessuale. Tra chi osservava che il riconoscimento di un reato lo istituisce di fatto, che quel diritto che la legge Zan voleva difendere, di non subire violenza fisica o verbale, era già incluso in Costituzione, ci teniamo il diritto di offendere, di sbeffeggiare e anche malmenare chi è frocio, lesbica, trans, in qualche modo non conforme, queer.
Chi fa prevenzione nelle scuole o tra adolescenti e giovani, quand’anche in servizi per adulti, sa i muri che incontra quando vuole affrontare il tema dei diritti legati alle identità sessuali e, se vuole risultare un minimo efficace deve tenerlo legato al diverso tema dell’affettività, altrimenti non si può parlare di sessualità non binaria.
Perché cediamo alla paura anziché nutrirci di generosità? L’ho già scritto e riscritto, ma continuo a non capire cosa e come vive chi vuole impedire ad altri di vivere una condizione di vita che, se sei sereno con te stesso e non sei fobico o paranoico, non intacca, non infetta e non corrode nulla dell’identità sessuale degli altri.
Boh!
Bruno