Abbiamo perso tempo? Sono ormai parecchi anni che è tollerata la manifestazione evidente dell’uso e abuso verbale, gestuale e simbolico di icone di quel periodo: slogan nostalgici, nazionalistici e fobici, braccio teso alzato, svastiche e aggressioni squadriste. Perché si è tollerato, quando la Costituzione vigente ne condanna l’apologia? Un mistero?
Negli anni, a partire dalle più alte cariche dello Stato, tutte democraticamente elette, si è inseguita diplomaticamente la ricostruzione di un patto per il Paese, ma in che modo: da una parte la rivalutazione della Resistenza e della Liberazione del ’45, non più solo celebrata come tragica conclusione delle efferatezze perpetrate agli italiani non fascisti, ma come invasione americana alleatasi con i partigiani italiani violenti e altrettanto crudeli per vendetta! Dall’altra l’ammissibilità nell’arco parlamentare, nei Consigli regionali e Comunali, di aggregazioni politiche nel cui logo propagandistico ammicca e spicca la Fiamma tricolore, qualche oggetto littorio o schema a testuggine. Stesso mistero!
Avevo già scritto che l’identità di resistenza al fascismo stava mutando: dal riconoscimento di eroicità, quasi sovranazionale, all’attuale giudizio imparziale, appiccicato a quella identità, di uso e abuso di violenza vendicativa. I violenti sono diventati i partigiani, i comunisti italiani! Pochi i democratici che non ci sono stati a questa rilettura e alla nuova narrazione storica: altri vi hanno rinunciato più per essere ammessi, o restare, alla corte del potere che per condivisione culturale.
Qualcuno, disilluso dalla stanca e troppo compromessa profezia politica, paragona l’obbligo di vaccinazione sanitaria a una dittatura; tema scivoloso, che riguarda un bene immateriale e primario di cui tutti necessitiamo perché vitale che è il respirare liberamente. Le dittature sono di solito costituite da minoranze quantitative che sono riuscite ad imporsi sulle maggioranze, non il contrario come nel caso dell’obbligo vaccinale, che pur qualche criticità porta senz’altro con sé.
E poi molti storici ritengono improprio l’uso del termine fascismo riferito ai gruppuscoloni violenti che, approfittando del malcontento di masse socialmente insoddisfatte e devastano la sede del sindacato più di sinistra dei lavoratori: il punto però non è la dissertazione filologica di quella locuzione. Il punto è che cosa è che ci fa guardare indietro, perché abbiamo o, forse, solo, ho paura del ritorno di qualche forma dello spettro del tempo della discriminazione, della violenza feroce, della dittatura totale.
Il partito di Giorgia, e non sto citando la bravissima cantante, è dato come primo partito se si andasse al voto oggi: vuol dire qualcosa? Ne avremo ulteriore contezza negli esiti elettivi e negli eventi di ribellione di piazza di questi giorni.
Bruno