Non ho letto la sentenza.
Non conosco i dettagli ma vorrei che i dettagli si conoscessero tutti.
So che il simbolo della giustizia è la bilancia.
Allora mi piacerebbe che su un piatto si mettessero i capi di imputazione, gli accertamenti e gli eventuali illeciti che sono stati riscontrati. Mi piacerebbe che sull’altro piatto ci fossero altri dati: quante persone sono state accolte a Riace? Quante persone hanno migliorato le condizioni di vita proprie e di quella comunità? Dove sarebbe ora Riace senza quell’esperienza? Dove sarebbero state ospitate quelle persone con questo sistema di accoglienza lento e macchioso, sempre in emergenza e con la costante scarsità di posti? Quante di queste persone vivrebbero oggi ai margini, costo per le casse e la sicurezza dello Stato, se non ci fosse stata Riace?
Come è possibile che il punto di equilibrio della bilancia sia 13 anni e 2 mesi?
È possibile che qualcuno trovi la soluzione ai problemi e che altri trasformino la soluzione in problema?
Si è condannato un sistema.
Si condanna un’idea che funzionava, che il mondo osservava e lodava. L’integrazione. Non l’assimilazione, non l’inclusione ma la generazione di un contesto sociale nuovo in cui ciascuna parte dà e prende e migliora insieme alle altre parti.
Condannato perché funziona?
Condannato perché si apre al cambiamento, perché chiede alla società di evolversi, di prendersi cura, di essere responsabile delle trasformazioni che mette in atto e delle sue conseguenze.
Si è condannato un uomo.
Un novello Dr. Siegfriend Iseman. Non dottore, sindaco.
Probabilmente, proprio come il protagonista di uno dei racconti dell’Antologia di Spoon River, ripreso pure da Fabrizio De Andrè nel brano Un Medico, anche lui, preso il “diploma” da sindaco, disse a sé stesso che sarebbe stato buono e saggio e caritatevole col prossimo; magari disse che avrebbe portato la Fede cristiana nella pratica dell’accoglienza.
E quando la gente cominciò realmente ad arrivare a Riace lui se ne prese cura insieme e per il bene di tutta la sua comunità.
Ma, non so come, una parte della politica sentì ciò che aveva in cuore non appena prese questa eroica soluzione.
Ed è andata a finire in un sistema più grande che fatica a trovare soluzioni strutturate ed efficaci.
In fondo da lui non andavano che i poveri.
E si accorse che fare accoglienza non era che un modo di guadagnarsi la vita.
È per questo forse che anche lui, per campare ma soprattutto per far campare le persone che aveva accolto, ha inventato qualche elisir di giovinezza.
Adesso un giudice con la faccia da uomo lo ha spedito a sfogliare i tramonti in prigione, inutile al mondo ed alle sue dita, bollato per sempre truffatore imbroglione, dottor professor truffatore imbroglione, come se le vite salvate non avessero peso sulla bilancia della giustizia.
Ciro