Manuel Aloise , “Gazzetta lodigiana” – Magazine progetto La Rete.
Ho sempre amato il calcio una passione che è entrata dentro di me sin da bambino, dai primi calci a un pallone dati alla scuola materna, passando alle prime partite allo stadio con il nonno che aveva l’abbonamento per la tribuna Giulio Cesare di Bergamo, poi crescendo ho iniziato a praticarlo giocando in una squadra del mio paese e poi le partitelle con gli amici, all’oratorio, nei parchi, fino ai parcheggi dopo pizza e brioches delle 3.00 di notte…
Mi è sempre piaciuto e mi ha sempre fatto stare bene, uno sport di squadra dove si vince e si perde tutti insieme… dove non ci sono differenze, la stessa passione che provo tutt’ora la rivedo negli occhi dei ragazzi che ospitiamo nei nostri appartamenti per l’autonomia. Davanti a un pallone e al tentativo di fare gol (in rete così come tra due alberi o due zaini buttati per terra) vedo la gioia che unisce bambini, adulti di tutto il mondo.
Ragazzi Albanesi, Pakistani, Ivoriani, Guinesiani, Egiziani, Senegalesi, Ghanesi, Gambiani, Marocchini, Tunisini, Kosovari, Nigeriani, Somali, Italiani, si divertono, si passano la palla, inseguono gli stessi obiettivi, si aiutano, si tengono in forma fisicamente, vincono e perdono insieme, gioiscono per una grande vittoria o si intristiscono per una sconfitta… a volte si arrabbiano con l’arbitro, gli avversari, con gli stessi compagni ma poi si stringono la mano.
Giocatori bravi, pronti già per qualche squadra di l vello e qualcuno alle prime armi… il calcio per tutti loro è qualcosa di estremamente bello, è un momento in cui possono allontanare paure, insicurezze, dubbi, difficolta che ogni giorno ormai da anni li hanno accompagnati e accompagnano in un lungo viaggio lontani da casa.
Il Progetto “Rete!” ha avuto una grande rilevanza all’interno delle iniziative pensate per e con i ragazzi accolti negli appartamenti, ha dato loro l’opportunità di trovare uno spazio dove poter giocare, non solo tra loro ma anche con alcuni ragazzi italiani (grazie alla Laudense Ausiliatrice), e ha loro permesso di sperimentarsi in un’attività fisica, in un gioco con regole scritte e non, e di “fare gruppo” di uscire dalle case che troppo spesso hanno rappresentato l’unica oasi felice nel loro percorso in Italia.
È stato ed è un progetto importantissimo di integrazione ed educazione che ha coinvolto persone di grande competenza e disponibilità, che hanno mostrato ai ragazzi il lato migliore del paese dove hanno deciso di costruirsi una nuova vita.