Paola Arensi per “Libertà, quotidiano di Piacenza”, 2 settembre 2016, p. 16.
Aperta a Badia Pavese la casa d’accoglienza dedicata a Berneri.
«Seve sarebbe contento di vedere come state portando avanti bene il suo testimone, vi ringrazio a nome della nostra famiglia». Queste le parole pronunciate da Gigliola Berneri, sorella di Severino, davanti ai membri della cooperativa sociale Famiglia nuova di Lodi. Frasi pronunciate prima di strappare il drappo inaugurale davanti a Casa Seve, su cui campeggia un murale.
Il lavoro di tante persone e volontari ha permesso di realizzare l’ennesimo sogno di Severino Berneri e proprio nel giorno in cui avrebbe compiuto 53 anni. Berneri, compianto direttore generale della cooperativa lodigiana, originario di Castelsangiovanni, prima di morire aveva trovato la casa di cortile a due piani, con giardinetto, inaugurata ieri in via Monticelli a Badia Pavese.
«Abbiamo acquistato l’abitazione alla fine del 2014 per 16mila euro e poi, grazie a un contributo di 13.500 euro della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, è stata ristrutturata – ha detto Marco Sartorelli, responsabile della comunità Gandina di Badia, in cui c’è un’équipe per l’accoglienza, intervenuto con il presidente Bruno Marchini e Mariarosa Devecchi della direzione – Seve era un uomo del fare, che ha fatto del bene e i risultati sono questi».
L’accoglienza dei migranti per la cooperativa, che ne sta aiutando 23, è di tipo familiare. L’abitazione ospita quattro ragazzi del Mali e un nigeriano «seguiti a livello pratico, dal cibo agli abiti, fino all’insegnamento della lingua a Castelsangiovanni o nella locale comunità Gandina – ha detto la responsabile Cecilia Vanelli – ma anche a livello legale, sanitario, sportivo ecc. Li portiamo al mare, gli facciamo fare sport o un tuffo in piscina con i nostri ospiti, con i quali si sono perfettamente integrati e cerchiamo di aiutarli a trovare un lavoro.
Cosa complicata, ma a volte riesce. Loro, comunque, apprendono in fretta anche la lingua».
«Per noi questi operatori sono come fratelli – hanno testimoniato gli ospiti -. Qui siamo felici e qui vogliamo restare, faremo del nostro meglio». Marchini osserva: «Non c’è particolare eroismo in questo: accogliamo e proviamo a prestare ascolto. Il grazie va a tutta l’équipe che si è dedicata ai richiedenti asilo».
Nella casa essi trovano bagno, lavanderia, cucina, televisore, divano. I migranti possono quindi essere autonomi o appoggiarsi, per lavare panni o mangiare in mensa, alla comunità.
«La storia ci insegna che in pochi minuti tutti possono diventare profughi, quindi mostriamo umanità» ha aggiunto il presidente.
Devecchi ha aggiunto che per la ristrutturazione dell’immobile «è stato utilissimo anche il lavoro dei volontari che ringraziamo con uno sguardo al cielo verso Seve che ci ha sempre dato la forza di andare avanti».