Leandro Rossi per “Rocca – periodico quindicinale della Pro Civitate Christiana Assisi”, numero 24, 15 dicembre 1998, p. 23.
Basta una pillola per cambiare vita? Oggi c’è una pillola per tutto. Sei triste? C’è la pillola che da il senso d’euforia. Sei impotente? C’è la pillola dell’amore. Sei obeso? C’è la pillola bloccagrassi. Hai l’influenza? C’è l’antivirus. Sei depresso? C’è la felicità in «briciole». Rischieremo la pillolamania. Bisogna vederne anche i rischi. Ad esempio quello di deresponsabilizzare, demandando tutto ai farmaci. O quello di togliere i sintomi lasciando le cause del male. O quello di sopravvalutare l’azione del farmaco. Il Viagra, pillola dell’amore, è poi solo un farmaco che favorisce l’erezione. La timidezza ha delle cause. Bisognerà pure arrivare a scoprirle con una psicoterapia. I farmaci sono anche una sorta di scorciatoia, che fa «violenza» alla natura e ai suoi ritmi. Abbiamo turbato la natura atmosferica; non turberemo adesso anche la natura psichica? Occhio a considerare il farmaco come una sorta di «magia».
Ho convissuto per venti anni con i tossici e mi è capitato questo. Mi sono accorto che prendevano la droga per togliere un malessere, più che per procurarsi un benessere. Andavano alla caccia del farmaco che potesse risolvere quasi tutti i loro problemi. Mi sono accorto che era necessario impostare l’educazione sulle soluzioni umane dei problemi, combattendo le soluzioni magiche, senza cercare il farmaco o la macchina capace di fare tutto. Il progresso umano è lento, richiede partecipazione, costanza, capacità di attesa, volontà di superare le difficoltà che incontriamo lungo il cammino… Solo così c’è poi la gioia o la conquista e la voglia di mantenere le posizioni raggiunte. Le pillole e le apparecchiature tecniche possono servire; ma mai sopravvalutarle o eliminare lo sforzo umano. È un messaggio educativo necessario, ma difficile da trasmettere. Sarà per questo che i tossicodipendenti ci ricadono così spesso? Il pillolo-dipendente non elimina il tossicodipendente o l’alcoldipendente. Qui non vale il proverbio: un diavolo caccia l’altro. Credo che occorra agire nel profondo, combattendo la «magia». La farmacologia e la medicina ci sono per aiutare l’uomo sofferente, non per illuderlo, quasi ci fossero soluzioni magiche. Se una pillola toglie il dolore in una urgenza o emergenza, poi bisogna vedere il perché di quel dolore. Il farmaco della timidezza è un farmaco. Bisognerà usarlo solo quando quella timidezza è patologica. Cosa è la «magia»? La sproporzione tra le cause e gli effetti. Ha come suo sottoprodotto la superstizione.
Per cercare di vincere la magia, è bene confrontarla con la scienza prima e con la religione poi.
Noi siamo nel campo della scienza quando abbiamo scoperte le cause di determinati effetti, per cui ponendo le cause si registrano infallibilmente gli effetti. Metto il pentolino dell’acqua sul fornello e l’acqua si scalda. Magia sarebbe che, a fornello acceso, l’acqua non si scaldasse. Se capitasse, sarebbe un imbroglio. Così la magia pretende di annullare la scienza. Vuole le cause senza l’effetto, o viceversa vuole l’effetto senza la causa. Ci credono i gonzi creduloni.
Ma è anche vero che la magia ha dei rapporti con la religione.
Questi sono più stretti presso i popoli meno progrediti e presso le religioni non monoteistiche. Ad ogni modo la magia, quando non è un inganno è una corruzione della religione, in quanto si presta a potenze demoniache il culto dovuto a Dio solo. In questa accezione, dunque, abbraccia anche lo spiritismo. Mentre la magia pretende di raggiungere infallibilmente l’effetto, la religione è solo una preghiera per ottenerlo liberamente da Dio, se a Lui piace e a noi serve. Lo spirito qui è di umiltà devota, non di pretesa arrogante.
Da ultimo, vorrei dire una parola sulla pillola per eccellenza, quella «antifecondativa» che ha fatto tanto scalpore venti anni fa prima e dopo la famosa enciclica «Humanae vitae». Fu definita dalla gente «pillola cattolica» e finì per rimanere sempre laica. Tutte queste altre pillole – io me lo auguro – non siano oggetto di pronunciamenti ecclesiastici, ma solo accolte con responsabilità umana e cristiana.
[immagine: Glyn Warren Philpot, Edipo, 1931-1932, particolare.]