Lenadro Rossi per “Utopia possibile”, numero 35, settembre – ottobre 1994, p. 5.
Toccò a me fare il funerale al celebre Franco Moschino sul Lago di Annone, nel comasco ove si trovava in villeggiatura terminale. Per volontà della famiglia i funerali furono privati, sicché c’era solo una ventina di amici strettissimi. Il parroco voleva suonare le campane perché la sua gente venisse in chiesa a pregare benché fosse l’ora di pranzo, ma neppure questo fu permesso. È il prezzo che si deve pagare alla celebrità: l’insignificanza davanti alla morte, l’uscire di scena in punta di piedi.
E a Franco non sarà certo dispiaciuto, perché invadente aggressivo con il lavoro, sapeva essere infinitamente discreto nel privato, delicato, quasi timido. A questa società pareva dire “Uso i tuoi principi per affermare i miei”. In questo senso egli amico e stilista alternativo fu alternativo. Stava con la società consumista e spendacciona, ma risparmiava per i bambini mala ti di Aids. Era anticonformista in un mondo allineato: era contro la moda, proprio mentre si occupava di moda. Non solo alternativo, ma anche trasgressivo veniva definito. Egli una volta in TV ebbe a dire: “Ci vuole poco coraggio nel trasgredire le piccole regole e consuetudini della moda e dello stile. Il vero coraggio ce l’hanno quelli che “trasgrediscono” per rivoluzionare questa società sbagliata e pagano di persona”. È vero Franco, siamo in un mondo sbagliato, ove tutti sembrano dire: “Beati i ricchi”. Pensavo lo dicessi anche tu, che abitavi nelle ville, con i camerieri, usavi l’aereo personale, sembravi un potente della terra. Poi ho capito che mi ero sbagliato. Vestito da ricco e con le “loro” usanze, parteggiavi però per i poveri. Per questo, una povera donna, l’Angiolina, si sentiva dalla tua parte. Mentre gli altri ti avvicinavano per prendere, egoisticamente, lei (che già serve tanti drogati di “Famiglia Nuova” ti avvicinava per dare: “Egisto di a Franco che se ha bisogno di aiuto vengo io. Portagli questa marmellata fatta con la nostra frutta” e cosi via.
Tante cose avrei voluto dire al tuo funerale, Franco, che tifavo finalmente per Te, ora che non c’eri più. Che in questo mondo dobbiamo essere alternativi come il Vangelo, e trasgressivi come chi ha la libertà dei figli di Dio. Ora si ci trovavamo sulla stessa sponda e Tu non eri più la controparte potente, ma emarginato tra gli emarginati. Volevo dire invece quel funerale spoglio di addobbi e soprattutto di gente, mi ha fatto dire solo uno scontato: “Sic transit gloria mundi” (cosi passa la gloria del mondo). Perdonami. La gloria caduca è scomparsa presto. Per Te. Ma resta il messaggio giustamente alternativo e trasgressivo. Allora capisco anche il compianto e sempre amato nostro Mauro Foroni. “Ti ha lasciato quando tu avevi il vento in poppa: ma ti è sempre rimasto amico – Lui che aveva scelto i poveri rinunciando anche alla casa – amico non solo per aiutarti a superare la terribile solitudine dei grandi malgrado la presenza dei cortigiani, ma perché Tu, Franco, lo sentivi come tuo direttore spirituale laico, mentre lui cominciava a sentirti di nuovo dalla sua parte, non quella dei preti, ma quella del Vangelo e della scelta degli ultimi”.
Tuo Leandro
[illustrazione: Jan Brueghel, Fiori in un vaso di legno, 1606]