Quando funziona, funziona così. Come accaduto nella relazione, di alleanza prima che educativa, che ci racconta Sara, operatrice del nostro Spazio Educativo Diurno.
Un’alleanza virtuosa, che crede nell’altro, adulto o grande minore, come entità di valore, sempre e comunque, con particolare affezione per chi è più connotato, forse incastrato, nei meccanismi e nelle dinamiche relazionali, quindi anche affettive, distruttive.
C’è una gioia infinita nel comprendere di essere stati significativi nella difficile esperienza di vita di un ragazzo, di un giovane, di un adulto, anche se giunge tardiva, a relazione di alleanza forse finita: stare dalla parte di chi fa più fatica a “stare dentro” costituisce il presupposto magistrale del nostro lavoro.
Come Sara dichiara, pochi risultati valgono più di una chiamata inaspettata, di un sorriso e della dichiarazione dell’affidarsi che l’Altro, duro e chiuso, fa trapelare dai bastioni della sua fortezza di paure e delusioni.
Anzi: nulla vale di più
Quante volte ho pensato di scrivere qualche aneddoto, fatto o riflessione sul mio lavoro e quante volte qualcosa mi ha bloccata? Impegni, pigrizia e forse quella sensazione di non riuscire a trovare le giuste parole per esprimersi e spiegarlo; soprattutto a chi, questo lavoro, non lo fa.
Ci sono dei momenti in cui non hai tempo per fermarti a pensare, bisogna agire, contano i fatti, le azioni, con il rischio di perdere di vista l’importanza del pensiero e del significato che deve guidare ogni parola detta, ogni intervento messo in atto.
Altri momenti ancora maledici di averlo scelto, e pensi “Ma chi me lo ha fatto fare? Di dovermi incavolare con degli adolescenti cocciuti che a volte riescono a distruggere tutto, a provocarti, a portarti all’esasperazione? Per poi uno stipendio non certo di lusso, che a volte copre giusto le spese del mese?!”
E poi c’è un brutto giorno, in cui uno di quei ragazzi, uno tra i più testardi e cocciuti, con cui hai avuto mille e più discussioni; perde il papà; e tu lo chiami e in quella telefonata, quel giorno, avresti voluto dirgli mille cose, o forse no, avresti voluto solo abbracciarlo, ma l’emergenza del momento non lo ha consentito, e con il magone sei solo riuscita a dirgli “Ti voglio bene”.
Ma poi ecco che proprio lui decide, un altro giorno, a poche settimane da quell’altro, quello brutto, di farti una videochiamata, chissà perché. Assume l’aria spavalda di chi sta facendo qualcosa tanto per e quando con un sorriso gli dici che sei felicissima di sentirlo e che lo consideri un regalo lui ci tiene a precisare che non gli manchi per nulla, ma tu sai bene che quella chiamata e quel gesto valgono più di mille parole. Ecco, è in un giorno così che un sorriso ti si stampa sul volto e ti ripaga di qualunque cosa: fatiche, pensieri, preoccupazioni, stanchezze e arrabbiature e allora in quel momento hai ben chiaro e ti ricordi PERCHÉ lo fai quel “maledetto” lavoro.
E adesso chiedetemi se sono felice.
Sara