Cosa si può scrivere per celebrare il 25 Aprile, in piena era covid-19? In questo tempo sospeso tra il dramma del contagio, seppur in calo, e la speranza di tornare a sentirsi vivi, piuttosto anche come prima, in questa desolazione sociale che comincia e essere pesante davvero. Con questi sentimenti, opposti ed estremi, festeggiare ricorrenze annuali e nazionali, o giornate dai significati internazionali, diventa, per me, difficile. Ci provo.
Ieri mattina, presto, con la tazza di caffelatte sulle ginocchia, guardavo e ascoltavo le notizie in tv: e giù lacrime che probabilmente sono finite tra i biscotti “pucciati”: sentire gli orchestrali della Scala suonare ciascuno da casa sua il proprio strumento, in un crescendo di musica che colmava con le note del ritornello, così semplice e così intenso di Bella Ciao, mi ha fatto salire el magoon. Poi ho cercato sul web il testo della canzone, perché non sempre ricordo la seconda strofa, e ho trovato una versione cantata e scandita da una musica leggera e incalzante al tempo stesso, puro folk da balera, e, tra immagini di ciittà italiane e panorami marini e montuosi e lacustri nostrani è apparsa anche l’immagine della città che mi ha ospitato da ragazzo, la mia Cremona, e giù le lacrime del migrato…
Poi sono andato in città per capire se anche quest’anno, in un clima simile, le autorità istituzionali avrebbero onorato la data: nessun corteo previsto, nessun palchetto e alcun discorso erano ovviamente programmati: solo una macchina della polizia municipale che, credo, dissuadesse gli eventuali nostalgici. Il cuore si è intristito per la mancanza di quella vibrazione che mi accompagna fin da quando ero ragazzo. Poi certo, i tricolori alle finestre, il canto di Bella Ciao dai balconi, speriamo in stile autentico e non tanto per riempire il tempo e trovare una qualsiasi appartenza per non perdersi in un nonsense sociale come questo, mi hanno fatto risalire la speranza. La speranza che non si riscriva la Storia, quando si tornerà a scuola, la speranza che si continui a raccontare la verità politica della Resistenza e della Liberazione, e non in formula rieditata per non ferire l’animo di quella parte di italiani, in crescita, che se c’era, non può dirsi né democratica né libertaria. Quegli anni orribili sono andati come sappiamo, ciò che è accaduto non è frutto dei ricordi evanescenti di anziani testimoni, sempre più rari. Uno Stato è tale se riconosce la sua Storia, senza diluizioni e convintamente capace di ribadire che no, se c’è il MALE che ne genera altro, esso va combattuto, soppresso.
Sono appena tornato a vedere se davvero avessero rinunciato all’apposizione della corona alla lapide commemorativa, pronto a maldire delle Istituzioni locali: la corona di alloro, nastrata dal tricolore, era al suo posto. Grazie Italia non dimenticare, nutro la speranza che vedrò celebrata ancora a lungo la ricorrenza del 25 Aprile: troppo importante per me, per tutti.
Bruno