È un compleanno strano questo 39° genetliaco di Famiglia Nuova: anche se non è una cifra bisestile.
Risenti gli amici con più frequenza, progetti svolte sostanziali nella qualità del tuo vivere, preghi perché ci si risvegli dall’incubo. Possibilmente presto e non troppo feriti, nel corpo, nell’anima, nella testa, nel cuore. Per rilassare un po’ queste “componenti” degli uomini e delle donne (di quasi tutta l’umanità, insomma), le mie almeno, ho fatto la mia solita passeggiata mattutina, tra l’alba e l’aurora (non le so distinguere da sempre), nel parco del lago Trasimeno. Giunto alla rotonda di via dell’Arginone, oggi via Martin Luter King (la nuova toponomastica ci ricorda che si può fare resistenza spesso pagando un prezzo alto) mi sono trovato in brevissima compagnia con un airone cinerino che è subito decollato nell’aria tersa e fredda di questo inizio primavera, con un-a cerbiatto-a che saltava a zig zag i cespugli e le canne lacustri ancora spogli e secchi dopo la stagione invernale, con una nutria (non ne declinerò il maschile perché non conosco la coniugazione) che a pelo d’acqua si allontanava dal confine acquitrinoso della sponda dove sono, improvvisamente, comparso io.
Pensando e rimuginando sulla via del ritorno (si è fatta luce nel frattempo) ai dati del contagio che calano da 2 giorno, alle telefonate di non senso, se non per l’importante significato di condividere la reciproca solitudine, ai messaggi dei governatori e degli specialisti sui media, ancora operosi nella narrazione drammatizzazione del momento, alla mia singolare e sfrontata esperienza di vita, insofferente alla clausura (senza saio non è affascinante) ho sentito, forse capito, che dovevo reagire, a me stesso soprattutto. 4 telefonate 4, Barbara Donatella Loredana e Gabriele, per dire che ho bisogno di scendere in campo, che non vivo se non partecipo, che mi sento da sempre strumento umano di lotta per chi è ferito dalle battaglie vitali, o non, della vita. Per chi non riesce o non riuscirà ad essere subito, e nemmeno dopo, resiliente.
Sapere che questo stato emotivo e questa presa di coscienza del mio me (sé) coincidono, solo per tempi di calendario, con l’atto fondativo della nostra Cooperativa, mi ha fatto sentire una volta in più appartenente, grato a chi ha combattuto allora come oggi contro tante difficoltà per la tutela e il supporto degli ultimi, dei non voluti, degli allontanati: faro di luce che ha illuminato parte delle mie oscurità.
A cercare bene, nella esperienza quotidiana, i sensi di vivere si trovano. A cercare bene, e quando un po’ si strizza laggiù…
Bruno