La dipendenza si presenta oggi più che mai come una patologia complessa di fronte alla quale appare centrale una revisione di alcuni modelli di intervento, espressione di una cultura e di un fenomeno legato ad un tempo con caratteristiche sociali-politiche, ambientali ed educative profondamente diverse .
I servizi devono mutarsi e sempre di più offrire risposte adeguate a situazioni appunto complesse e variegate, che necessitano di una individualizzazione delle risposte a scapito di una strutturazione standard della cura a cui la residenzialità è ancora in larga parte legata.
Questo testo potrebbe diventare stimolo di una riflessione su come “adeguare” la proposta di residenzialità di Famiglia Nuova, ai bisogni presenti nella popolazione di consumatori attuali, tenendo conto della natura del fenomeno stesso (ad es. trasversalità del fenomeno non più legato a categorie e gruppi sociali specifici, precocità del consumo, assenza di competenze specifiche per procurarsi la sostanza etc.).
È indubbio come i servizi attuali non paiono attrezzati per rispondere a una tale varietà e complessità di bisogni: si pensi ad esempio in primo luogo all’area minori e adolescenti o ancora alle donne, esempi di soggetti portatori di quadri psicopatologici già severi alla prima presa in carico.
Data la nostra unità di offerta, sarebbe importante creare una sempre maggiore sinergia tra ambulatorio, primo luogo di accesso della persona e residenzialità, uscendo dalla autoreferenzialità residenziale che, se decenni fa, poteva essere espressione di una possibile risposta globale (alla comunità si delegava il totale recupero del soggetto) oggi pare anacronistica (anche ragionando in relazione alla organizzazione sociale attuale e ai tempi sempre più veloci di vita).
È più probabile ipotizzare infatti che la persona debba necessitare di più tempi di cura gestiti con strategie diverse e che la residenzialità non esaurisca in toto la risposta ai bisogni del soggetto.
Si rende necessario che l’Organizzazione focalizzi nuovamente la sua attenzione al valore intrinseco della persona e alla possibilità di mutare per i servizi delle dipendenze, servizi che hanno definito l’identità di Famiglia Nuova.
Rilevazione dati dalle strutture residenziali Famiglia Nuova – Pedagogiche, Terapeutico-riabilitative e Modulo specialistico a doppia diagnosi
La numerosità della popolazione trattata nel corso del 2018 nelle comunità della organizzazione è pari a 229 soggetti, di cui 137 sono stati nuovi utenti.
L’89% dei soggetti trattati presenta una età dai 40 anni ed oltre; mentre solo il 10% dei soggetti ha una età collocabile tra i 35-40 anni e l’1% dai 18 ai 20 anni. Si evince quindi come la popolazione trattata nelle strutture sia adulta, portatrice di bisogni di assistenza di tipo sociale e a volte anche sanitaria importante, presumibilmente già pluritrattata e con quadri di cronicizzazione dell’addiction di grado severo.
Meriterebbe, dato il fenomeno attuale che inoltre ci consente di osservare una sempre maggiore precocità nell’accesso alle sostanze con conseguenze invalidanti sul piano della maturazione neuropsicologica e in termini prognostici sulla costruzione di quadri psicopatologici importanti, un ragionamento su un approfondito piano progettuale dedicato ai giovani e alle nuove forme di addiction e di consumo.
La residenzialità rimane strategia di intervento necessaria e da valorizzare attraverso la sua revisione rispetto alla fenomenologia attuale dell’addiction al fine di renderla meno “scollata” dalla pluralità delle espressioni problematiche del nostro tempo e dai modelli socio educativi attuali.
La popolazione trattata è quasi esclusivamente di sesso maschile, rileviamo però 4 progetti specifici dedicati a donne. Segnalo tale dato come espressione di una spinta di innovazione e di integrazione tra ambulatorio e residenzialità.
Alcuni dati socio-demografici
Alcuni dati socio-demografici per proseguire nella descrizione della epidemiologia della casistica trattata: per quanto riguarda lo stato civile, il 69% dei soggetti è celibe o nubile; il 7% dei soggetti è sposato mentre il 18% separato-divorziato; si rileva infine un 6% di soggetti convivente.
Il 26% dei soggetti ha figli di minore età (nella presa in carico non si può non considerare tale dato anche in relazione ad un lavoro di supporto alla genitorialità).
Venendo alla condizione abitativa: l’84% dei soggetti ha una dimora stabile mentre il 16% è senza fissa dimora.
Relativamente allo stato occupazionale: l’84% dei soggetti è disoccupato; l’11% ha una occupazione.
Per quanto riguarda la Scolarità: il 68% della popolazione ha conseguito la licenza media inferiore; il 16 % la sola licenza elementare; il 15 % un diploma professionale e infine l’1% la laurea.
Osserviamo come sia ancora piuttosto rilevante il dato “licenza elementare” e come in generale il percorso scolastico della popolazione trattata sia problematico e si interrompa con le medie inferiori.
Se assumiamo che una bassa scolarizzazione correli con basse competenze adattive, anche il dato descritto è importante per comprendere come il contesto residenziale svolga una funzione di favorire l’apprendimento anche in termini formativi e culturali.
Veniamo alla provenienza territoriale che è nella quasi totalità regionale. Solo una struttura (Comunità Papa Giovanni XXIII) lavora con utenti non lombardi, in particolare con Emilia Romagna, Umbria e Campania.
Per quanto riguarda la condizione legale come condizione presente al momento del trattamento si rileva quanto segue: il 44% dei soggetti accolti accede al trattamento residenziale sottoposto ad una condizione disposta dalla autorità giudiziaria: nello specifico il 99% di questi soggetti presenta una “misura alternativa” (affidamento, detenzione, arresto domiciliare ) ed l’1% una misura di sicurezza. Il dato è rimasto pressoché invariato rispetto alla rilevazione dell’anno.
Sui trattamenti
Esaminando più specificatamente le caratteristiche dei soggetti trattati dal punto di vista della cura, il 74% dei soggetti inseriti in CT presentava un trattamento farmacologico; più specificatamente il 38% di tipo sostitutivo (MTD, Buprenorfina GHB) mentre il 62% di tipo psicofarmacologico. Si noti la incidenza del trattamento psicofarmacologico che supera nettamente quello sostitutivo.
La popolazione assistita ha beneficiato del primo trattamento per la dipendenza ad una età tra i 25 e i 30 anni.
Veniamo alle diagnosi, motivo di trattamento residenziale:
- il 39% presenta dipendenza da cocaina,
- il 34% polidipendenza (eroina e cocaina)
- il 16% dipendenza da eroina,
- l’11% dipendenza da alcol.
Diagnosi di psicopatologia: 24 soggetti presentavano una diagnosi certificata di psicopatologia, diciamo certificata perché la diagnosi in ambito psicopatologico è tuttora poco definita.
La popolazione trattata presentava una condizione di plurimi trattamenti ricevuti nel 45% dei casi ; il 10% era invece al primo trattamento di CT.
Il 12% dei soggetti già trattati in CT, era già stato seguito presso altre strutture della nostra organizzazione.
In media un soggetto arriva ai servizi di cura dopo circa 5 anni e più di uso di sostanze.
La distribuzione della sostanza primaria di abuso nei soggetti trattati, è nel 27% dei casi oppiacei, nel 57% dei casi invece la cocaina, nel 12% l’alcol, nel 5% la cannabis.
Le sostanze secondarie invece si distribuiscono in egual misura tra alcol, eroina, cocaina e cannabis prevalendo ormai la modalità di policonsumo.
A quale età il primo uso di sostanze: sotto i 14 anni, il 15% della popolazione; dai 15 ai 19 anni il 61% dei soggetti, dai 20 ai 24 anni il 13%, dai 25 anni ai 30 anni il 7% dai 31 anni in poi il 3%. L’onset è precoce anche nella popolazione trattata.
La sostanza di iniziazione ovvero la prima sostanza usata permane nel 50% della popolazione la cannabis, nel 7% la cocaina, nel 6% la eroina nel 17% l’alcol.
Il 94% dei soggetti trattati fuma sigarette.
26 soggetti presentano anche condizione GAP.
Il 62% inoltre presenta anche consumo di alcol problematico (il dato potrebbe essere sottostimato per la normalizzazione di tali condotte).
Esiti dei trattamenti residenziali
Veniamo invece agli esiti dei trattamenti residenziali. Il 46% dei progetti completati lo sono con esito positivo definito quindi come fine programma con rispetto dei tempi e conseguimento degli obiettivi di cura.
Il 39% dei progetti sono stati interrotti per abbandono. È quindi presente una discreta percentuale di drop-out che meriterebbe un’analisi specifica (il dato potrebbe riferirsi ad una inadeguatezza di invio ad esempio).
Presente un 5% di chiusura programma per espulsione, a seguito di gravi violazioni del regolamento.
Il 7% dei progetti termina per sopraggiunta carcerazione ed infine un 3% dei progetti si conclude con trasferimento ad altre sedi di cura.
Per quanto riguarda la salute: il 28% dei soggetti presenta condizione di positività all’HCV mentre il 4% della popolazione all’HIV. Permane per lo più assente la rilevazione relativa alle MST.
[questo testo è una sezione del Bilancio sociale 2018 di Famiglia Nuova]