Un anno dopo. Conclusioni di un giovane utente dopo un anno di percorso.
Mi chiamo David Fernando Penna e sono 365 giorni che non perdo tempo. Sono stato a casa settimana scorsa, non ci entravo da un anno. Sembrerà poco, ma considerando come è andata cercherò di trasmettervi ogni emozione vissuta, nella testa e nel cuore, finalmente ancorati nella realtà che conta, quella da lucido, quella vera. La prima sera sono uscito a mangiare con tutta la famiglia. Da quanto tempo non uscivamo io, mio fratello e i miei? Non me lo ricordo, ma ricorderò sempre questo venerdì sera. Sentivo che eravamo uniti come non capitava da un decennio, sentivo che stavamo bene, mi sentivo orgoglioso. Soprattutto considerando che sono sempre stato io uno dei principali motivi per cui le cose fra noi non andavano sempre come avrei voluto, come speravo.
Qualcosa è tornato al proprio posto quella sera. Dentro di me. Dentro di noi. Penso che cambiare voglia dire anche questo, rendersi conto che anche altri dipendono dalle nostre azioni, dalle nostre decisioni. Fai del bene a te stesso e lo farai anche a loro.
Ho rivisto un grande amico la stessa sera, l’ho reso felice nel dimostragli quanto il nostro legame fosse importante per me, dirgli che conto anche su di lui per avere forza nell’affrontare il futuro. Come se un anno fosse volato. Parlare di sogni e obbiettivi concreti è più rassicurante e gratificante quando puoi finalmente parlarne con qualcuno. Sapere che ti hanno perdonato ogni errore. Sapere che nonostante tu possa avere deluso un amico, lui ti ha dato una seconda possibilità perché da sempre crede in te, e ha sempre avuto ragione.
Il sabato posso raccontarvelo in tre atti con uno scenario comune: Milano, casa nostra, questa immensa città. Il mattino l’ho passato con mio padre, da quando sono nato lui è per me l’eroe da seguire, l’esempio, l’insegnante e l’amico. Questa volta è stato diverso. Ero presente capite? Ero lì con mio padre, camminando al suo fianco nella città in cui è cresciuto. È questo che conta per me. Vivere momenti come questi, con le persone più care che ho. Dimostrare di essere diventato grande, di essere adulto e responsabile. Di essere sicuro e deciso, dimostragli di averlo sempre ascoltato, di aver sempre capito, nonostante io sia uscito di strada parecchie volte indietro.
All’una l’ho salutato, mi sono spostato dall’altra parte della città. Dopo oltre un anno, ho incontrato lei, ho incontrato un altro membro della famiglia, nel riabbracciarla ancora non riuscivo a crederci, nonostante la stringessi più forte che potessi. Ci siamo conosciuti in un periodo arduo e tempestoso della nostra vita, l’ultima volta che l’avevo vista stavo fuggendo. Stavo disertando da una guerra che avevamo in comune. Credevo che non l’avrei mai più rivista, credevo di averla persa per sempre, credevo non mi volesse rivedere mai più, ed invece eravamo lì, e di strada ne avevamo fatta parecchia. Lungo i navigli di Milano, fino alla piazza del Duomo, fino alla sera. Come se ci conoscessimo da una vita. Come se bastasse un gesto, uno sguardo, per capire tutto dell’altro. Stai lottando bene, vecchia mia. Continua così e andrai lontano, lo so perché sei come me, non ti arrendi, e se cadi, so che ti rialzerai sempre. Ancora non riesco a realizzarlo, anzi, me ne sono reso conto nei momenti dei saluti, quando a Cadorna le nostre strade si sono separate di nuovo. Ritrovare la persona per la quale hai deciso di riprendere in mano la tua vita per viverla appieno e non deludere più nessuno quando pensavi di averla persa per sempre. Scusate se è poco, c’è chi purtroppo non ha nessuno.
La sera sono tornato nella città di Rho, la città in cui sono cresciuto, dove è successo tutto. Non è la mia prima comunità questa, ne ho fatte altre, proprio qua. Un percorso di tre anni proprio in questa città, da minorenne. La prima vera compagnia di amici, la prima vera scuola delle superiori, la prima vera storia d’amore. Non so spiegare bene quanto dentro fossi felice nel rivedere e riabbracciare ognuno di loro. Raccontare a venti giovani come me come ho passato l’ultimo anno, ridendo e scherzando, intravvedendo un futuro colorato come non lo era mai stato prima di quel sabato sera. “Mi hai stupito.” “Te lo dico dal cuore, continua così.” “Grande David sei di nuovo tu.” Quante avventure. Quante serate passate con loro, la prima andando giù a coca cola ed acqua tonica.
Il tempo passa signori miei, vivete sempre a fondo ogni secondo.
Parlate con i vostri amici. Abbracciate i vostri genitori. Abbracciate i vostri fratelli e le vostre sorelle, e non fermatevi mai. Mai. Perché se ti fermi hai perso, se ti arrendi è la fine, se ti arrendi invecchi.
Osa, rischia, non avere mai paura di parlare o agire. Respira. Ascolta i suoni di ciò che ti circonda. Sorridi, sii gentile. Resisti. Le persone lo fanno da tutta la vita, tutti i giorni, si alzano per lavorare, per guadagnare il necessario per vivere momenti così, soddisfazioni, vittorie come questa.
È per questo che un anno fa ho deciso di entrare in comunità. Per ritrovare la mia strada, perché così facendo sapevo che avrei ritrovato me stesso. Rialzarsi da terra e superare ogni avversità. Quanto ho perso ma quanto ho guadagnato. Ti senti diverso? È una situazione diversa? Hai seminato davvero stavolta. Te ne rendi conto adesso come non te ne sai mai reso conto prima.
È passato un anno.
David Fernando Penna
[Il brano è tratto da “Giornalino il Bivio” della struttura pedagogico-riabilitativa Fontane, se vuoi saperne di più 👉 Fontane]