Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Il fatto stesso che si sia resa necessaria una giornata per manifestare contro una violenza fa nascere, almeno in me, più di una domanda. La più urgente è: Perché?
Perché in un uomo, molto spesso la stessa persona che dice di amarti , il padre, il compagno, il fratello , figure dalle quali non immagineresti mai di doverti difendere, si scatena una violenza che arriva fino ad uccidere? Quale è il meccanismo che riduce questi uomini a non controllare la loro rabbia, la loro frustrazione, il loro desiderio di possesso come se la donna fosse un soprammobile di loro proprietà, che non può decidere per la propria vita nemmeno nelle cose più banali come che vestito mettersi, se uscire la sera, non rispondere al cellulare se sta lavorando?
Ieri ho assistito ad un convegno promosso dal centro antiviolenza di Lodi dove si è parlato anche degli uomini, della loro fragilità ed instabilità emotiva che necessita di un forte aiuto. Non sono uomini appartenenti ad una precisa categoria culturale o sociale hanno però un forte problema relazionale e affettivo che va curato.
Sapere che si stanno attivando percorsi di cura per questi soggetti un po’ mi aiuta a guardare il futuro con qualche speranza, noi donne però dobbiamo far squadra, non possiamo ogni volta distinguere per giustificare chi, in qualche modo, usa il suo ruolo, il suo potere per prevaricare.
Un comportamento violento anche “solo” di pressione psicologica, messo in atto su una donna proprio e solo in quanto donna, ci deve vedere ferme nella condanna. Dobbiamo imparare a riconoscerci per prime il valore della nostra vita e non cadere in dinamiche competitive perché così facciamo solo il loro gioco.
Non dimentichiamo mai che il rispetto delle donne è una cosa da uomini.
Mariarosa Devecchi