Elisa Locatelli per “Utopia possibile”, numero speciale – 30 anni, maggio 2012, p. 22.
Riconoscere ogni gesto per renderlo importante, trasformare delle parole in un confronto ed il confronto in una relazione, queste le premesse per un intervento di Educativa di Strada.
L’obiettivo principale consiste nel migliorare la condizione dei singoli adolescenti e prevenire il disagio agendo su situazioni riconosciute come a rischio. Per fare ciò è essenziale passare da strategie di pura prevenzione a strategie di promozione di processi di crescita positivi intenzionalmente orientati.
Il lavoro di strada comporta il dover raggiungere i ragazzi nei luoghi della loro quotidianità e del tempo libero: le piazze, i bar, le panchine, l’oratorio, per proporsi in una relazione educativa che consente al ragazzo di sentirsi “accolto”, visto, accettato e valorizzato.
Il lavoro dell’educativa di strada muove dalla risposta, dall’espressione del disagio, riconosce il problema e stimola il processo di acquisizione di consapevolezza del bisogno, per trasformarlo in esigenza di cambiamento, in progetto educativo di crescita desiderato.
Certamente il ruolo dell’educatore non è semplice, tutt’altro. Necessita di una forte capacità empatica, per lasciarsi attraversare dalle emozioni dell’altro senza farsene sopraffare. Richiede molta passione e motivazione. La forte convinzione di poter “essere per l’Altro”. Richiede umiltà e senso di realtà, anche per capire che il ragazzo che si ha di fronte è prima di tutto una persona, che come tale può scegliere.
Essere un educatore di strada significa rivestire un ruolo molto delicato, significa mettersi in gioco fino in fondo accettando la sfida della relazione, dare e ricevere fiducia giocando in trasferta.
Essere educatore di strada significa essere in grado di stare nei tempi della persona che si ha davanti, senza cedere ne rinunciare ad educare, anche nei momenti in cui non si è voluti. Essere educatore di strada significa “esserci”.
Essere educatore di strada significa “esserci”.
L’accoglienza costituisce dunque l’atteggiamento primario di chi vuole porsi come educatore, ossia vuole incontrare la persona in modo autentico, disposti ad immergersi in una relazione in cui il presupposto è che il ragazzo che si incontra possieda in sé potenzialità e unicità, da valorizzare e far crescere. Ecco dunque che il concetto di accoglienza confina e si fonde con quello di fiducia, divenendo condizione fondamentale ed irrinunciabile per rendere autentica ogni azione educativa.
L’educatore di strada è un “ponte”, poiché mette in atto un intervento educativo che costituisce spesso una mediazione, che in qualche modo ricuce i fili più o meno spezzati delle relazioni, del ragazzo con se stesso, con la propria storia, interne al gruppo.
Famiglia Nuova, dal 2004 porta avanti sul territorio del Lodigiano un intervento di Educativa di Strada che, seppur cresciuto e fortemente cambiato dalle prime sperimentazioni, da circa sette anni raggiunge numerosi adolescenti e giovani.
L’intento è quello di incontrare i ragazzi, di conoscerli e costruire relazioni significative che consentano di accompagnarli nell’affrontare le sfide che la crescita pone loro di fronte, vedendo in ogni singola persona un mondo di fragilità e competenze, di potenzialità e bisogni, per attivare percorsi di consapevolezza intenzionalmente orientati. Il lavoro che si conduce ha visto il consolidamento, nel corso degli anni di sinergie locali in cui parrocchie e Comuni si sono interrogati ed attivati per divenire attori protagonisti nella promozione di processi educativi di Comunità. Ciò poiché si è ben consapevoli che l’educazione è una sfida per tutto il mondo adulto, non è né un fatto privato né una missione specifica da destinare a singole agenzie.
Educare i ragazzi in crescita significa infatti gettare le basi per un mondo migliore, continuando a credere che sia possibile e sia bello costruirlo insieme, perché in ogni uomo possano crescere e manifestarsi quei segni di vera umanità che si possono già intravvedere, con gli occhi attenti di chi si ferma ad osservare, sul volto di ogni ragazzo adolescente che ci è affidato o incontriamo sulla strada.