Egisto Taino in occasione della morte di Don Leandro Rossi.
Il tuo sguardo segnato dalla malattia si è rassegnato, si è riaperto il sorriso. E non è stata solo la malattia a segnarti. Ti ha segnato la solitudine di prete abbandonato in una piccola parrocchia. Ti ha ferito a sessant’anni fare le valige e trasferirti in un altro territorio. Ti ha amareggiato l’indifferenza, ti ha offeso la grettezza di chi ti liquidava come comunista.
Eppure sei sempre stato uomo di Chiesa, profondamente sacerdote.
Hai interrotto gli studi sapienziali e l’insegnamento dottrinale dopo che hai riaperto il Vangelo. L’hai riletto con gli occhi degli umili.
Forte nella fede non hai avuto paura ad affrontare la povertà del tossico e dell’emarginato.
La tua casa è diventata un rifugio. La tua mensa luogo di convivialità. Hai accolto ridando dignità, hai richiesto il rispetto per restituire affetto. Ti sei arrabbiato, hai urlato ed imprecato perché volevi il meglio da ognuno. E poi hai consolato ed asciugato le lacrime perché invece arrivava il peggio.
Hai accolto ridando dignità, hai richiesto il rispetto per restituire affetto.
Con fatica hai sfidato il tuo temperamento sanguigno per arrivare alla mitezza, ma l’opera è rimasta incompiuta. Ti sei nutrito della povertà e l’hai vissuta come valore in contrapposizione alla decadenza della ricchezza.
Hai amato la pace, sfidando opportunismi politici e strane coalizioni. L’hai urlata in piazza, l’ha predicata in chiesa, l’hai vissuta ogni giorno.
Non sei stato uomo fortunato, ma non per questo infelice.
Sei stato appassionato, talvolta testardo, hai combattuto ed hai lottato per ciò in cui credevi.
Adesso riposati Leandro, altri proseguiranno.