Leandro Rossi per “Rocca – periodico quindicinale della Pro Civitate Christiana Assisi”, numero 22, 15 novembre 1998, p. 47.
Finalmente il «mea culpa» sull’Inquisizione per le streghe, gli eretici e i contestatori del Sistema (divenuto in/quisitoriale, e torturatore).
È mai possibile la buona fede? Lo provo a crederci, ma faccio fatica. La chiesa di Dio poggiò sulla repressione dal 1200 fino all’inizio del secolo scorso. Due prelati del Nord Italia (un Vescovo e un Cardinale) sono soliti dire: «La chiesa è santa, i peccati sono nostri! (ma sembra che intendano «vostri»: di laici e basso clero). Fa niente se i nostri avi non potevano fiatare, se no li ammazzavano! Poi finora abbiamo negato responsabilità, perché noi non ci sporcavamo di sangue, c’era il braccio secolare (cioè lo stato, che ci faceva da killer, o meglio, il favore).
Qualche mese fa c’era il «mea culpa» nostro nei confronti degli ebrei e dell’olocausto. Confesso la mia ingenuità ed ignoranza, quando sentii che le nostre scuse agli ebrei sembrarono poca cosa. Cosa volevano dipiù? Noi avevamo responsabilità solo indiretta, contro i «perfidi» giudei (aggettivo fatto togliere da Papa Giovanni dalla liturgia del Venerdì Santo. Chissà cosa dovrebbero dire oggi i parenti di Fra Gerolamo Savonarola. Farlo santo è ben poca cosa per riparare.
Ma la inquisizione «ad quid?» l’hanno messa in piedi? «Per difendere la fede!» mi si dice. E come mai quegli inquisitori si trasformarono in massacratori? «Perché Cristo era mite ed umile di cuore, e avrebbe sofferto troppo ad avallare quel ruolo». Non dimentichiamo che il Vangelo della Pace, nacque dopo la seconda guerra mondiale. I primi obiettori, in nome del cristianesimo, furono sconfessati dagli esperti teologi e biblisti consultati. Il «voltare l’altra guancia» non valeva per stato e chiesa, ove era proibito fare i profeti di pace!
Finora mi sono messo come fedele cattolico dalla parte dei massacratori. Ora provo a mettermi dall’altra. Le accetterei le scuse? Ci ho pensato. Le accetterei almeno a tre condizioni:
- La sincerità della richiesta. Troppo facile dire una parolina che cela pentimento e poi continuare a credersi sempre impeccabili, a giudicare e condannare gli altri.
- La coerenza delle persone. Altrimenti il tutto sarebbe solo un buttare fumo negli occhi. Non si può chiedere scusa per Galileo e poi torturare Rosmini, Padre Haring ed altri ai nostri giorni, mantenendo in piedi strutture dittatoriali, sacralizzandole anzi, perché noi siamo i «guidati dallo Spirito Santo». La coerenza vuole che i Vescovi nella loro collegialità valgano più della Curia Romana.
- L’abolizione delle strutture di peccato (di prepotenza e sopraffazione). L’inquisizione fu sostituita dalla Suprema Congregazione del S. Uffizio; e questa da quella per la dottrina della fede, che con il pretesto di difendere la fede uccide, per fortuna oggi solo moralmente, le persone. Anzi vorrei il Motu proprio «ad tuendam personam et conscientiam pauperum», perché ai poveri si nega la coscienza e la dignità di persona.
Vanno soppressi i canoni 750 con i due paragrafi e i canoni penali 1371 numeri 1 e 2, incluso quello recentemente aggiunto, perché «l’infallibilità strisciante» diventa sopraffazione curiale.
Infine bisogna chiedersi: «Chi controlla i controllori?». Da chi siamo difesi noi poveretti: non dai codici, non dalla curie, non dai giudici, ma dallo Spirito Santo in cielo e dall’opinione pubblica qua in terra.
Aveva ragione don Milani che la obbedienza non è più una virtù, quando ci sono ordini ingiusti; e S. Tommaso che diceva «il precetto del Magistero non è che comando umano: ma la coscienza è voce di Dio».
[Immagine: Francisco Goya, Inquisizione, 1808/1812, particolare.]