Leandro Rossi per “Rocca – periodico quindicinale della Pro Civitate Christiana Assisi”, numero 21, 1° novembre 1998, p. 53.
Siamo tutti impegnati a celebrare i ventenni pontifìci. Ricorre quest’anno il ventennio della morte di Paolo Sesto, Papa del dialogo. Il ventennio di Pontificato di Giovanni Paolo II, il Papa del coraggio e della sicurezza. Il ventennio della elezione e della morte di Giovanni Paolo I, il Papa del sorriso e del “Dio-Mamma”. Ma dimentichiamo un ventennio, anzi doppio: il quarantesimo della elezione di Papa Giovanni il Papa Buono, della carezza ai bambini, del Concilio, santificato dal popolo subito alla sua morte: le valigie sono pronte. Arrivederci ci ha detto.
Il caso volle che fossi presente all’ultima fumata, di quel 28 ottobre 1958, in Piazza S. Pietro. Dissi: “sarà un Papa di transizione, perché è già molto vecchio”. Una suorina mi rispose decisa: “Io non ci credo: se no lo Spirito Santo perché l’ha fatto eleggere?” È stato il miglior Papa del secolo e forse uno dei migliori in assoluto. Fatto sta che mi ha cambiato la vita e mi ha soggiogato con la sua semplicità.
Da Papa Giovanni mi sforzo di imparare un po’ di cose. Anzitutto la semplicità e l’ottimismo. In apertura del Concilio mi pare che egli abbia biasimato egli uccelli di malaugurio, che si trovano sempre. Cerco di seguire i suoi motti, come “Non pome l’accento su ciò che divide, ma su ciò che unisce”. “Nel Battesimo i cristiani trovano più motivi di unione di quanti ne possano incontrare di divisione”. Si apre così il discorso sull’Ecumenismo, cioè l’abbraccio tra fratelli cristiani separati. Aveva fatto il Nunzio nei paesi dell’ortodossia. Quando dovette partire disse che la sua casa sarebbe stata aperta anche ai fedeli di altre religioni. Ci sarà una luce accesa e i fratelli avrebbero sempre potuto bussare e trovare calda accoglienza.
Papa Roncalli ci insegnò a cogliere i segni dei tempi, come ha detto il vangelo di Luca: “Giudicate da voi stessi…”. Nella enciclica sulla Pace ne elencò qualcuno, come la promozione della classe lavoratrice, la necessità che la donna entri nella vita pubblica, ci sia il rispetto delle minoranze e il desiderio di rendere unita tutta la famiglia umana… Ci ha dato un esempio nei documenti e ancor più nella vita perché scorgiamo prima i segni dei tempi e li pratichiamo poi.
Il Vaticano II fu il concilio che proclamò la collegialità (dei vescovi). Ma prima ancora il Papa la proclamò con i fatti, chiedendo consiglio a tutti i vescovi del mondo; e chiamando a raccolta anche tutti i migliori teologi, compresi quelli scomodi, che erano sospetti alla Curia Romana. Senza collegialità praticata, resteremmo al centralismo curiale.
Come il Papa Buono ha anticipato (rispetto al Concilio) la collegialità: così ha anticipato la pratica del principio di sussidiarietà (pure avverso al centralismo vaticano), per il quale ciò che si può fare dal basso non deve essere avocato a se dalle autorità superiori.
Anche la chiesa vuole il suo decentramento e il suo… federalismo, mentre oggi pare che le conferenze episcopali e le singole diocesi abbiano sempre meno autonomia.
Analogamente ha anticipato la Dichiarazione Conciliare sulla libertà religiosa, affermando il diritto di onorare Dio secondo la retta coscienza, cioè la coscienza della persona retta (onesta), a qualsiasi religione appartenga. Nella sua stupenda enciclica sulla pace, che firmò due mesi prima di morire, elenco quattro virtù basilari, tra le quali c’è la verità, la giustizia l’amore e la libertà, che sale di ruolo.
Ha distinto tra errore ed errante sempre (da rispettare). Ha incoraggiato i nostri rapporti con i non cattolici (collaborazione “riducibile al bene”). Ha incontrato il comunista Agiubey, rischiando di scandalizzare, se non avesse spiegato che altro sono le dottrine filosofiche, e altri movimenti che si ispirano a quelle, che invece migliorano; concludendo con la gradualità della conquista del bene. La sua fiducia nella libertà e il suo ottimismo acquistarono così un fondamento teorico e religioso.