Leandro Rossi per “Rocca – periodico quindicinale della Pro Civitate Christiana Assisi”, numero 19, 1° ottobre 1998, p. 55.
Il fatto è noto e pare sia avvenuto più volte, anche prima della liberazione di Alessandra Sgarella. Il sostituto Leandro procuratore di Milano, Alberto Nobili, conferma tutti i retroscena del sequestro e le trattative per arrivare alla liberazione dell’ostaggio. L’opposizione politica si scaglia contro il governo. L’On. Fini, il leader di An, dice che è inammissibile riservare trattamenti di favore a criminali incalliti. Gli si risponde che è stata osservata la legge che prevede favori per chi collabora con lo Stato.
A noi interessa il problema morale. Non ci può essere un patteggiamento tra lo Stato ed esponenti di organizzazioni criminali? Se ne è discusso in passato. Soprattutto venti anni fa, durante il sequestro Moro; quando tutti i politici – anche di parte politica sua – sostenevano che era assolutamente impensabile e illegittimo. Solo il vecchio on. Nenni era favorevole, si dice che avesse dato ordine di trattare persino lo stesso Papa Paolo VI che rivolse una preghiera pubblica e toccante, ove diceva d’inginocchiarsi davanti a «Voi uomini delle Brigate Rosse».
Ora siamo cresciuti di numero, perché non c’è più solo il leader socialista e il capo del cattolicesimo. Oggi accanto a chi ripete: «Sono nemici. Perseguono il male. Debbono liberare gli ostaggi in cambio di niente, perché non hanno nessun diritto di trattenerli»; ci sono anche tanti che chiedono si faccia di necessità virtù. Noi vorremmo si approfondissero gli argomenti a favore di questa tesi, che è anche la nostra.
perché no?
La tesi che osteggia le trattative ci sembra ideologica e integrista. Parte da princìpi prefabbricati, sacri e intangibili, e finisce per non considerare il valore della persona umana che si può tentare di salvare. Gli uomini valgono più dei «principi». Se i princìpi non salvano le vite umane, ma le compromettono, che principi sono e a che cosa servono?
Il leader politico delle destre, l’on. Fini appunto, ha in testa lo stato «forte» che non tratta, persegue l’ideologia dell’ordine (che poi spesso serve a mantenere il «disordine» costituito) è appunto per una posizione ideologica. Vorrei vedere se il sequestrato fosse suo figlio, penso che si affretterebbe a trovare la legittimazione dell’intervento! Così i delinquenti che sequestrano ci guadagnerebbero (almeno in favori) facendo del male?! No, rispondiamo: la detenzione del sequestrato è male: ma il collaborare con la giustizia e l’ottenere la liberazione è bene.
L’integrismo è appunto questo: tutto o niente, sempre o mai, come voglio io o in nessuna maniera. I latini dicevano: «bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu», che io tradurrei così: «il bianco c’è quando tutto è bianco; se ci fosse anche solo un puntino nero, tutto sarebbe sporco». Sono i manichei che dividono radicalmente il bene dal male, il bianco dal nero. Per loro non c’è mai il grigio.
Si potrebbe ricorrere anche ad un altro principio, cioè quello del «minor male», come lo si chiamava ieri; e che oggi ci pare meglio definire come il principio del «minor bene » o del bene che in concreto si riesce a fare. Ciò che conta evitare è l’utilizzo trasversale di questo principio. Quando serve a me è bene; quando vi si richiamano gli altri è male. Questo non è lecito fare: sarebbero i due pesi e le due misure. Dobbiamo stare attenti anche noi cattolici alle applicazioni trasversali, per cui siamo definiti a volte integristi o incoerenti.
Vorrei finire con Papa Giovanni e col suo ottimismo. Nella «madre e maestra» dice: «Sotto il pretesto del meglio e dell’ottimo, non si trascura di compiere il bene che è possibile e perciò doveroso». Con gli altri (comunisti, protestanti, si diceva) si può e si deve «collaborare lealmente nell’attuazione di Progetti che siano di loro natura buoni o almeno riducibili al bene» (EE7/ 3 457). Basta evitare ignoranza e malizia ed utilizzare intelligenza e buon cuore.
[Illustrazione: Peter Paul Rubens, Prometeo, 1612, particolare.]