Leandro Rossi per “Rocca – periodico quindicinale della Pro Civitate Christiana Assisi”, numero 14, 15 luglio 1998, p. 39.
Nel ventesimo della legge 194 sull’aborto, il Papa ne ha chiesto la revisione con parole particolarmente dure: «Nessuna autorità umana, neppure lo stato, può giustificare moralmente l’uccisione dell’innocente (anzi, noi diremmo, neppure del colpevole, perché giudichiamo un abuso la pena di morte). Tale tragica trasformazione di un delitto in diritto è indice di una preoccupante decadenza della civiltà». Denuncia così i tre milioni e mezzo di aborti avvenuti in questo periodo.
I dati sono indubbiamente preoccupanti e legittimano la presa di posizione forte del Pontefice, in un campo che ha visto sempre i cattolici impegnati. Siamo per il «non uccidere» (non sempre a sufficienza); perciò siamo contro l’aborto e per la difesa della vita umana. E va bene. Per essere veramente credibili, però, dobbiamo chiederci se facciamo davvero tutto quello che possiamo fare nella difesa della vita, anche dei già nati, dei vecchi, dei malati; delle ragazze-madri, dei cosiddetti figli illegittimi, della educazione sessuale, della ricerca di soluzioni preventive, proprio perché è illecito abortire dopo… Non siamo contro la campagna abortista, dicendo questo, ma per farla meglio, più incisiva e convincente. Non sembra esserlo a sufficienza quando contestualmente ci si oppone al mutuo agevolato a coppie di fatto con figlì, perché possano anch’esse avere la casa. Oltre vent’anni fa scrissi centinaia di pagine sul problema dell’aborto, per indurre a non compierlo, s’intende, ma con un approccio spesso differente, come quello che si riscontrava in alcuni episcopati stranieri. Così, sfogliando quelle pagine, mi imbatto oggi nel Sinodo della svizzera romanda, che ha usato espressioni molto più comprensive di quelle che abitualmente si usano da noi nei confronti degli altri. Riconosce che «E ingiusto e contraddittorio colpevolizzare le donne e le coppie fin tanto che non si sia realizzata una efficace prevenzione dell’aborto sul piano sociale ed educativo». Perciò «Una donna che ricorra all’aborto come ultima via d’uscita per la sua situazione angosciosa, non deve essere né disprezzata né abbandonata». Per loro c’è: 1° La difesa della vita. 2° Il valore della tolleranza.
Mi piacerebbe poter citare a lungo un pronunciamento dei Vescovi Francesi del 1975 sul divorzio ove si dice che «L’amore per la verità non ci fa giudicare le persone; ma l’amore per le persone non ci permette di transigere sulla verità». Essi ci invitavano a fare come Cristo, che riaffermava i valori ma era comprensivo con i peccatori («Va, in pace e non peccare più» alla donna adultera).
Nei riguardi dell’aborto non si tratta della solita terza via che si può tracciare tra opposti estremismi, iniziando un dialogo, pure molto utile, speriamo; ma si tratta di presentare tre proposte di vent’anni fa, che restano nuove ancora oggi per i cattolici: una profetica, una politica ed una profetico-potica.
- Meglio una difesa profetica che politica. Ci sono infatti due problemi sull’aborto: uno morale o di coscienza, che è il nostro; un altro giuridico (o politico, tecnico) che è di bene comune, che potrebbe spingere lo stato alla tolleranza, in certi casi, cioè alla depenalizzazione. Noi italiani abbiamo imboccato subito anche la via politica-giuridica; ma così facendo entriamo in un agone laico, creandoci controparte politica, con l’onere di valutare tutti i dati di fatto (esempio gli altri parlano di 20 milioni di aborti clandestini evitati). Profeticamente, invece, saremmo più credibili, anche a chi politicamente è schierato sull’altra sponda, perché dovremmo difendere la vita non a parole, ma a fatti.
- Meglio un buon compromesso che il referendum: dicevamo ieri, a ragione. Meglio un degno compromesso che un lungo contendere inutilmente. Come cittadini (e come cristiani) possiamo certo dire la nostra; ma la tolleranza civile è una virtù, che rende spesso più della intransigenza che allontana. C è anche da dire che innescato il meccanismo del cambiamento della 194, si potrebbe finire a sbattere anche in una legge peggiore. E allora cosa faremmo: i terroristi?
- Meglio battersi per il diritto a non abortire che conclamare il reato. E la proposta che fu di La Valle (A.C. Moro, Gozzini ed altri). L’aborto è male. Si rinuncia a punire se ci si fa aiutare. La madre normalmente ama il figlio che attende. Solo per ignoranza o miseria e costretta ad abortire, se non la si aiuta a risolvere i suoi problemi. Interveniamo, dunque, con realismo (competenza) e amore. Io opto per questa soluzione.
[Illustrazione: Giovanni Segantini, Alpeggio, 1894]