Leandro Rossi per “Rocca – periodico quindicinale della Pro Civitate Christiana Assisi”, numero 8, 15 aprile 1998, p. 41.
Il «fatto» da cui partire stavolta è un libro, anzi due, sulla Nonviolenza evangelica dalla Bibbia ai nostri giorni, in maniera da poter concludere se il cristiano possa essere militarista, pacifista, o debba essere il solito moderato benpensante ed incolore, che magari tiene i piede in due scarpe. I libri che fanno il punto teologico sono «La teologia della Pace» delle Edb, 1997, che è una vera enciclopedia sul tema: e «Mai più la guerra» della Editrice La meridiana, 1998, a cura di Valentino Salvoldi, con la partecipazione di una ventina di autori e la Prefazione di B. Haering, che si legge di un fiato, se si è interessati teologicamente al tema. Vedremo i contenuti che a nostro avviso sono chiariti definitivamente per la compatibilità o incompatibilità con il Vangelo, distinti da quelli in via di chiarimento in questi anni (con l’aiuto dello Spirito Santo, che è la nostra nuova legge).
Cominciamo dalla Bibbia. C’è l’Antico Testamento che sembra legittimare la violenza e la vendetta (in tanti passi non riportati nella Liturgia, per non dare scandalo). D’altro canto c’è il Nuovo Testamento troppo chiaramente per la nonviolenza tanto che alcuni si permettevano di annacquarlo. Spiega il biblista Ravasi, che l’Antico Testamento è legato a una mentalità concreta e datata. Dio è una persona che agisce (entrando nella nostra storia) che sembra vendicarsi mentre vuol fare giustizia. «Gli ebrei lo vedono con i lineamenti inesatti e limitati di un guerriero, di un giudice implacabile». La figura che si cela dietro e quella di un Dio esigente e giusto, Dio dei vivi e non dei morti, «che condurrà il suo popolo a riconoscerlo alla fine come Padre e come Amore perfetto», dopo un lungo percorso pedagogico.
E la Nonviolenza evangelica? L’altra guancia da voltare di Matteo? E trattata formidabilmente da Rinaldo Fabris, che dice chiaramente che la Pace e la Nonviolenza sono il cuore del Vangelo, per cui chiude tutte le vie per arzigogolare sul radicalismo di questo messaggio. Non è per alcuni (Profeti) e non per tutti; non è per l’individuo e non per lo stato; non e conseguente solo alla legittima difesa che non è prioritaria. Fa parte essenziale del «Regno di Dio», legato alla difesa dei poveri e della giustizia. Concilio e Catechismi sono in ritardo su questo.
Mi diceva un musulmano: «Voi siete i pri mi a non attuare né il perdono, né l’amore e ad esportare violenze e guerre». Non è lecito manipolare il Vangelo per giustificare gli interventi armati e le guerre della storia. Gesù è Messia Nonviolento e pacifico. Non ci sono storie, né ambiguità.
Il radicalismo evangelico, passò nei Padri della Chiesa. Basterebbe pensare a Massimiliano e a Marcello, che reputavano non solo illecito ammazzare in guerra, ma addirittura fare il soldato in tempo di pace. Sono chiarissimi in proposito Tertulliano, Cipriano e gli altri Padri africani. Ma anche qui ci sono le due interpretazioni: quella utopico-positiva della maggioranza fedele al Vangelo; e quella realistico-riduttiva di Ambrogio e Agostino preoccupati di estirpare il male e di difendere l’operato della storia.
In quest’ultima direzione c’è anche Tommaso d’Aquino. La guerra è giusta a tre condizioni:
- L’autorità del principe che la proclama (non si fa menzione di possibile obiezione di coscienza).
- La giusta causa, cioè coloro contro cui si combatte meritano questo, in ragione di una colpa (e chilo stabilisce? O chi dirà mai di avere torto?).
- Infine l’intenzione retta del belligerante, tesa a favorire il bene e a ridurre il male (ma il fine giustifica i mezzi?).
La preoccupazione autodifensiva e apologetica appare troppo evidente. Già Graziano diceva: «I soldati sono tenuti a battersi anche se la guerra fosse ingiusta, perché la colpa ricadrà sul Principe che li guida»! In realtà la svolta (come dice il Toschi) avviene prima, quando con Costantino i cristiani arrivarono al potere. Poi c’è l’analisi dei documenti più recenti del Magistero della Chiesa. Va elogiato Papa Giovanni per la splendida sua enciclica «Pacem in terris» e Giovanni Paolo II° per i suoi continui interventi, compresa la preoccupazione per il capitalismo selvaggio, che fa prevalere la forza e l’interesse privato, su quello generale per la famiglia umana.
Superiamo la battaglia sui vari catechismi, ove si sente lo slancio utopico frenato da considerazioni contingenti e vecchie. L’ambivalenza è forse necessaria per fare un passo alla volta, se si punta decisamente verso l’opposizione alla Pena di morte; si tende alla difesa popolare non armata, e non si parla più di «guerra giusta». E tempo di accelerare più che di frenare.
[Immagine: Stanley Spencer, Travoys Arriving with Wounded at a Dressing-Station at Smol, 1919, particolare.]