Leandro Rossi per “Rocca – periodico quindicinale della Pro Civitate Christiana Assisi”, numero 23, 1°dicembre 1997, p. 25.
Dice il Papa attuale che “la resistenza dei cristiani al nazismo non è quella che l’umanità era in diritto di attendersi” (con una parola nuova: la più coraggiosa che un Pontefice abbia detto fino ad oggi sulla terribile materia). Il Papa condanna l’antigiudaismo che “Non ci ha permesso di contrastare Hitler” a sufficienza. Wojtyla invita a purificare la memoria: “per troppo tempo sono circolate ingiuste interpretazioni delle Scritture sul popolo ebraico”. L’ultimo discorso si inserisce nel filo rosso dell'”esame di coscienza” che il Papa da un po’ di tempo va facendo in vista del giubileo. Sia ringraziato il cielo!
Ci si poteva attendere una adesione entusiasta e incondizionata sia da parte dei cristiani, sia soprattutto dalla parte dei laici. Invece ecco le riserve e i distinguo da parte di entrambi sul “mea culpa” ultimo riguardante gli ebrei e l’olocausto. Non si tratta soltanto di credenti di destra, ma si tratta anche di laici “illuminati” che si ritengono insoddisfatti, malgrado la dichiarazione della assoluta condanna dell’antisemitismo del genocidio e di ogni forma di razzismo. Il Manifesto di Valentino Parlato, ad esempio, dice in prima pagina che “il Papa si assolve”. E nel testo definisce le dichiarazioni del Pontefice “di principio”, ma nel tempo stesso si attribuisce l’autoassoluzione perché “La Chiesa non ha nulla da farsi perdonare, per questo non deve chiedere scusa”. E l’Unità dice che “troppo spesso ai cristiani è mancato il coraggio, chiamando in causa i comportamenti di chi nella Chiesa per pregiudizio ed ingiuste interpretazioni del Vangelo -ha avuto sentimenti di ostilità al popolo ebreo”.
Io mi domando: “Come mai Papa Giovanni – che aveva detto molto meno dell’attuale Pontefice – fu da tutti lodato – e che io sappia – da nessuno criticato?” Aveva fatto togliere il “perfidi” dalla preghiera «Pro perfidis Iudeis», conservandone l’orazione nella solennità della Liturgia del Venerdì Santo. Sarà stato il suo carisma, che lo faceva improvvisare, aprendo il cuore ai fedeli? Saranno stati tempi meno critici? Chissà! Sergio Romano, illustrando le tesi contenute nel suo ultimo libro, sostiene che il Vaticano usa la politica del doppio binario. “Da un lato la Chiesa vuole chiudere i conti con il passato, e lo fa per mezzo di viaggi, dichiarazioni e riabilitazioni. Si va da Galileo a Giordano Bruno, passando attraverso l’ebraismo. Ma nel momento stesso che chiede perdono pratica una politica ecclesiastica missionaria e aggressiva, che si potrebbe sintetizzare cosi: chiedere perdono per conquistare. Non è un caso che certi dirigenti ebraici considerino con un po’ di diffidenza questa operazione”.
“Quelle parole non sono sufficienti”, ammonisce il rabbino Rosen.
A noi pare di dover concludere invece così. Il “positivo” innanzitutto. Fa piacere sentire i «mea culpa» del Papa a nome dei cattolici, non per autolesionismo, ma per omaggio alla verità: “Potevamo fare di più, resistendo da nonviolenti”. Alcuni (anche preti) hanno rischiato la vita per nascondere gli ebrei, altri hanno preferito un atteggiamento pilatesco. Siamo soddisfatti perché Giovanni Paolo II respinge l’antisemitismo, condanna il genocidio e tutte le forme di razzismo di cui l’antigiudaismo (come l’anticristianesimo) è una forma. Punto e basta.
Poi però ci sono osservazioni da fare, come è inevitabile dopo venti secoli, Giudichiamo meno felice il dire: non possiamo essere contro gli ebrei, perché Cristo era ebreo! E se fosse stato induista o musulmano? È l’apriorismo e l’assurdità del razzismo che va sempre condannato; non perché Questo è dei nostri!
Poi non si può stemperare l’autocritica quasi abbracciasse allo stesso modo tutti i cristiani. Potevamo fare di più? Sì. Ma noi semplici cristiani molto poco. Pio XII forse poteva fare di più. I Papi saranno a volte infallibili, ma non sono mai impeccabili. In buona fede, intendiamoci. Ma anche il Papa è un uomo, e Hitler faceva veramente paura, come una belva feroce (come poteva anche affascinare nella sua lucida pazzia).
Inoltre non abbiamo detto niente nei venti secoli dell’ebreo errante. Arriviamo un po’ tardi ad ammettere gli sbagli. Se l’avessimo fatto prima, potevamo avere la libertà di dire ai fratelli ebrei: “non farete per caso lo stesso voi oggi contro i palestinesi?”. I ritardi storici si pagano.