Leandro Rossi per “Rocca – periodico quindicinale della Pro Civitate Christiana Assisi”, numero 21, 1° novembre 1997, p. 21.
Il giorno di S. Francesco (4 ottobre) a Roma, da Piazza Esedra è partita una marcia… bestiale, per il riconoscimento costituzionale dei diritti degli animali. Anche gli animali non uomini – si dice – hanno diritto ad una vita compatibile con le proprie caratteristiche biologiche. Lo stato deve tutelare la loro dignità e punire ogni attentato alla loro esistenza. Questo riconoscimento costituzionale sarebbe uno dei primi; dopo i tedeschi che li riconoscono come essere senzienti e gli indiani che prevedono la compassione per loro. Che dire?
Non affrontiamo la questione giuridica sul termine “diritto”, che alcuni vogliono negato non solo all’animale, ma anche all’embrione umano. A noi preme qui il discorso morale. Come dobbiamo trattare gli animali?
Il buon senso ci risponde: come esseri viventi, che nascono, soffrono e muoiono come noi. Va posto l’accento sulla animalità che unisce, più che sulla razionalità che ci divide. Ci sono dunque due termini di raffronto che vengono utilizzati: il paradigma della specificità e quello della uguaglianza.
Ci sono anzitutto quelli che sottolineano che la specie animale è inferiore alla specie umana. C’è chi nega decisamente un qualunque diritto dell’animale di fronte all’uomo, che può prenderlo a bastonate gratuitamente. Del resto i nostri nonni di fronte al potere non si trovavano forse senza alcun diritto, in pratica? Ed anche ora non avviene altrettanto ove imperano le dittature? I più moderati riconoscono ora qualche piccolo interesse degli animali, ma in forma poco rilevante qualitativamente. Sono bestie, si dice. Ma non ci accorgiamo che proprio allora le bestie siamo noi, che facciamo violenza per niente!
C’è poi chi si appella al principio dell’egualitarismo e arriva fino ai diritti sacrosanti che vietano non solo giustamente la vivisezione, ma mettono in forse persino la legittimità della sperimentazione sugli animali arrivando a ritenere obbligatorio il vegetarismo, perché altrimenti ci nutriremmo di bestie ammazzate. Già il grande Leonardo da Vinci aveva scritto: “Verrà un giorno in cui l’uccisione di un animale sarà considerata alla stregua della uccisione un essere umano”. Noi saremmo quelli che utilizzano non la forza animalesca, ma quella intellettuale per dominare i più deboli. Se ingrassiamo gli animali è solo per averli a diposizione per il macello! Ma non c’è una via mezzo? Una soluzione dialettica o eclettica?
Ricordo un vecchio insegnante che si poneva il problema dei diritti degli animali e rispondeva: “Loro non hanno diritti, perché non sono persone. Ma noi dobbiamo non a loro bensì a noi un trattamento rispettoso. La violenza inutile ci fa vivere non in un mondo ‘umano’, bensì selvaggio”. È un primo passo, che già allora mi risultava insufficiente, come motivazione, ma che raggiungeva l’effetto desiderato. Umani siamo noi e se facciamo soffrire per niente le bestie, umani cessiamo di esserlo
Oggi si potrebbe rivedere l’atteggiamento nostro di fronte a loro, per affinare la sensibilità… umana della quale i bruti partecipano. Non è vero che non possiamo perdere tempo a difendere le bestie, perché ci sono tanti esseri umani indifesi e affamati. È vero invece che ordinariamente i più sensibili verso le bestie lo sono anche verso gli uomini. L’atteggiamento di comprensione umana e di compassione è indivisibile. O c’è sempre, o rischia di non esserci mai.
È vero che la Bibbia ci ha detto: “Andate, dominate la terra” e che non bastarono gli animali perché Adamo trovasse un aiuto simile a lui, con il quale parlare: per cui, vista Eva, esclamò un adolescente per la prima volta: “Questa sì che è carne della mia carne…” (Gen 2,23). Senza più la retorica perché siamo “i Re del creato”, dobbiamo vincere l’eccessivo antropocentrismo che ci potrebbe far diventare “bestiali”, rispetto per le bestie a parte!
Dobbiamo poi eliminare l’atteggiamento utilitarista ed egoista. L’uomo non può comportarsi come se non dovesse rispettare i principi etici che lo debbono regolare (oltre che verso gli altri uomini) anche verso la natura e gli animali, per attuare il progetto che ebbe Dio Creatore: di pace e di continuità del creato, per i figli dei nostri figli. Che non sia l’uomo l’unico animale non responsabile e dalla violenza gratuita.
[immagine: Rosa Bonheur, Sheep by the Sea, 1865.]