In “Utopia possibile”, numero 46, gennaio – febbraio 1997, p. 6 e 7.
È ricorrente la domanda in Italia se siano da liberalizzare le droghe leggere. è il caso di dire subito che liberalizzare non è approvare, ma solo non perseguire, cioè tollerare. La droga, dalla “canna” all’eroina, fa tutta male. Si vorrebbe per legge o per referendum fare in modo che gli assuntori non rischino il carcere. Anche la prostituzione è moralmente sbagliata, ma il cliente non va in galera. L’aborto è sbagliatissimo, ma da noi, a certe condizioni, non è considerato reato dalla legge penale.
Allora vediamo le risposte, che sono certamente due: liberalizzare SÌ, o liberalizzare NO. Gli antiproibizionisti sono per la prima soluzione, i proibizionisti per la seconda. La cosa sembra semplice. Ma non è cosi. Io ad esempio non sono né per il proibizionismo (è la legge che trattiene dal male), né per l’antiproibizionismo (è la legge al contrario che porta al male e fa trasgredire). Per me la legge non ha sempre questa importanza determinante; e, comunque, c’è la “terza via” della responsabilizzazione. Bisogna puntare non sulla repressione, né sulla libertà, bensì sull’educazione delle coscienze, affinché siano i giovani stessi a capire e a evitare quanto fa loro male.
Ma anche per noi, che riteniamo il proibizionismo perdente e l’antiproibizionismo preoccupante, resta il problema: siamo favorevoli o contrari allo spinello libero? Il problema certo per noi è di minore importanza, perché né la legge repressiva né la liberta permissiva offrono la soluzione vera; sono solo scorciatoie, che non sostituiscono l’educazione vera dei giovani. Ma resta vero che ci si può pronunciare: lo stato deve proibire o tollerare la droga leggera (di cui parliamo qui)? La risposta non può essere ideologica (come fa il proibizionismo e l’anti) ma deve soppesare le ragioni favorevoli e contrarie, per vedere da che parte ci sono il maggior numero di vantaggi e il minor numero di svantaggi. Questo dice il principio della tolleranza.
Vediamoli allora. Chi vuole lo spinello libero dice che non fa poi così tanto male; fa meno male dell’alcol, del fumo e del caffè, che pure sono tollerati. Anzi, si può dire che tutto sommato fa bene, perché tira su il morale (quando non lo butta giù). Tanto più che lo fanno tutti o quasi (conformismo) e sfida la società reazionaria e repressiva. Senza dire che potrebbe contribuire a combattere il mercato nero. Ma la ragione più forte sembra questa: condannare una cosa che fanno in tanti è ipocrita e ingiusto verso i pochi che verranno condannati.
E le ragioni di quelli che vogliono che lo spinello rimanga vietato? Dicono che fa male (è vero, ma non tutti i mali vanno perseguiti per legge). Se non ci fosse la legge ì giovani potrebbero credere che sia innocuo (ma educativa non è tanto né soltanto la legge). Liberalizzato, lo spinello sarebbe assunto da molti altri giovani, con danno diffuso. Aggiungono poi che si arriva alla droga pesante attraverso quella leggera (ma non è sempre vero; e soprattutto -grazie a Dio non tutti diventano eroinomani o cocainomani). Resta pero il problema della diffusione e della successiva reversibilità.
Noi diciamo che le due parti debbono confrontarsi lealmente; senza dire bugie per essere convincenti. Non si educa con le bugie. Rinunciamo a dare ragione agli uni o agli altri; anche per essere più efficaci nel puntare sull’educazione e per persuadere che è questione di minor momento. Se la “canna” resta proibita e l’assumono tutti, che vittoria di Pirro sarebbe? E se tanti la assumessero proprio perché è proibita, in segno di sfida e di euforia di libertà? Le Comunità terapeutiche si dice sono tutte contrarie e i preti pure, ma non è vero. Il Vangelo non confida nella repressione. Paolo non ha mai mostrato di trovare la speranza nella legge: tutto al contrario. Io ai giovani preferisco dire: “Perché volete drogarvi per caricarvi nel vivere? Più della resistenza al male, dell’impegno per rivoluzionare il mondo e renderlo giusto ed umano, cosa volete trovare che vi carichi? Uno spinello?”