don Leandro Rossi, 11 settembre 1995, poi in “Utopia possibile”, numero 40, luglio – agosto / settembre – ottobre 1995, p. 15 – 17.
Mi inviti a Roma il 20 settembre 1995 (il giorno è provocatorio? Ma potrebbe anche dirci che ciò che crediamo ingiusto oggi può essere riconosciuto giusto domani!) per gridare il nostro no all’uso delle droghe leggere. Ebbene, pur stimandoti tanto per quanto fai abitualmente, stavolta ti dico che non verrò! La questione della legalizzazione o liberalizzazione dello spinello per me resta aperta (è giusto rivendicare il diritto di dubbio, tanto più in una questione che sembra diventata falsamente “dogmatica” nel mondo cattolico). Ma voglio gridare anch’io, magari da solo, le mie piccole certezze.
- Sono contro lo spinello (almeno dal punto di vista morale, perché può fare male), ma non sono proibizionista. Il proibizionismo vuol dire confidare nella legge repressiva, invece che sulla nostra opera di educatori, sulla capacità delle coscienze di capire e delle persone di responsabilizzarsi. Nel caso, il proibizionismo sarebbe la classica posizione farisaica, ipocrita, di fondamentalismo cattolico. Un gioco di parti: “Io te l’ho detto. So bene che non serve a niente. Che la maggioranza continuerà ad usarlo. Ma io l’ho criminalizzato e sono a posto”. “Coerentemente con questo mio principio non dovrei rendere più caffè, non dovrei fumare una sigaretta, non dovrei tollerare niente, neppure due o tre bicchieri di vino, ma mi vanno bene i due pesi e le due misure!”.
Pannella è sempre criminalizzato e combattuto, ma non per quello che dice di male (la difesa del liberismo economico, che è contro i poveri e quindi contro la nostra religione); ma perché lo si crede ancora contro la chiesa, lo si ritiene indebitamente uomo di sinistra, perché sostenendo diritti civili sembra a noi che neghi diritti religiosi ma non è la religione vera essenzialmente difesa dell’uomo perché figlio di Dio?). - Sono contro il proibizionismo soprattutto di educatori, di preti, di cattolici. È sfoderato sempre e su tutto, e scambia la fiducia nel Vangelo, l’annuncio di gioia (di vita, di libertà), con un annuncio di repressione e di morte. L’alternativa è netta, o credo nel Vangelo o credo nel potere, o credo nell’uomo o credo nella repressione. E noi scegliamo l’antivangelo, come più sicuro, anzi come l’unico predicabile da credenti e da preti. È paradossale! Nelle letture di ieri, ad esempio (23ma domenica, anno C) Paolo non “reprime” né Onesimo, lo schiavo scappato, né Filemone, il credente padrone di schiavi; ma gli dice: “Non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sappia di costrizione, ma fosse spontaneo”. Analogamente nel Vangelo si dice semplicemente: “Chi non porta la sua Croce: non può essere mio discepolo”, non si lanciano fulmini. E la sapienza ci invita a moderazione: “Chi può immaginare cosa vuole il Signore?”. Ieri non voleva solo il profilattico, oggi neppure lo spinello! “Reprimendo” diventeremo educatori?
- Oggi si è scoperto l’ETICA DEL POSSIBILE (cfr. Lumen Vitae 3/94; Settimana 21/95) o il “principio del minor bene” che è un altro modo per rilanciare l’eterno principio della tolleranza e di respingere l’eterna insorgenza dell’integrismo. Chi ha sbagliato non è sempre colpevole. Usargli misericordia non è annacquare il radicalismo evangelico, né abbassare le possibilità della persona, ma applicare un’etica del possibile, per la limitatezza dell’individuo e aiutarlo a crescere un po’ alla volta. E puntare verso il bene possibile ora, in modo di far crescere verso il bene integrale di domani. E non spegnere il lucignolo fumigante. E non spezzare la canna incrinata. E applicare un’etica di transizione, per raggiungere una crescita realistica, senza sovraccaricare (se no, come i farisei, noi “non li porteremmo quei pesi neppure con un dito”!) e senza sottostimare. È un cammino progressivo, evitando paternalismo, autoritarismo, lassismo e negligenza educativa. Il punto di partenza dell’etica del possibile è la persona umana. Il Vangelo parla di Grazia e di Redenzione più che di sempre immutabili e raggiungibili subito da tutti. Ognuno va aiutato a fare la strada che gli è possibile. Per affermare questi “principi”, caro don Benzi, non verrò a manifestare con te a Roma.
Tuo Leandro di Crespiatica, 11 settembre ’95.
[illustrazioe: Pierre-Auguste Renoir, ritratto di Albert Cahen d’Anvers, 1881]