Leandro Rossi per “Utopia possibile”, numero 7, febbraio 1990, pp. 16-17.
Il discorso a favore o contro la pena capitale è ricorrente. A noi spiace che a riproporlo recentemente sia stato l’On. Forlani, che si dice cristiano ed è il segretario democristiano, sia pure invocandola a favore delle innocenti vittime dei sequestri. Vorremmo esprimere qui la nostra convinzione contraria e rispondere alle ragioni che di solito i sostenitori della pena di morte presentano.
Ragioni contro
La vita è sacra e intangibile. È questa una “fede umana”, prima che religiosa. Consentire – sia pure allo stato – di toglierla e ridurre il mondo ad una giungla. La pacifica convivenza umana richiede che si rispetti almeno questo valore fondamentale, che condiziona tutti gli altri valori.
Per il credente poi esiste il “Non ammazzare”, per cui ciascuno di noi deve decidere se diventare fratello di Caino o di Abele. La naturale avversione allo spargimento di sangue non fa che ratificare questo dato naturale.
Una volta che è nel codice, inoltre, per usarla contro i criminali comuni, si sa che viene usata contro gli avversari politici. Per questo sono gli stati dittatoriali o autoritari a consentirla. Si fa troppo presto a far credere che uno che la pensa diversamente sia anche criminale. Persino Hitler ha considerato tale il pacifico e sensibilissimo pastore Bonnofher!
In terzo luogo la pena è per la correzione del reo, secondo tutti i codici occidentali e moderni. È questa la prima ed essenziale sua finalità. Ma quando ammazziamo la persona, che emendazione otteniamo?
Senza dire – ed è il quarto argomento – che il giudice umano è sempre fallibile; mentre la pena di morte può solo consentire una medaglia alla memoria, quando si scopre l’imputato innocente, come è accaduto tante volte.
Risposta alle ragioni pro
Ma forse, più che sostenere le evidenti ragioni contro la pena di morte, dovremmo rispondere a quelli che sono favorevoli ad essa per giustizia. È con molta emotività e poca logica che alcuni – sia pure in perfetta buona fede – sostengono che per “giustizia” chi ammazza deve morire. Se gli domandate “Perché?”, egli vi risponderà che “Non si deve mai ammazzare”. Appunto! Qui sta tutta la contradditorietà di questa posizione: “Io ti ammazzo perchè non si deve ammazzare”! Il tuo sbaglio non legittima il mio. Neppure lo stato può fare eccezione a questa regola; anzi esso deve dare l’esempio del come non si può giocare con i diritti fondamentali dei cittadini.
Inoltre si invoca il motivo della deterrenza. Tanti delitti non si commetterebbero se si sapesse che c’è la pena capitale. In realtà sociologia e psicologia hanno abbondantemente dimostrato che questo e un preconcetto, affatto dimostrabile. Anzi la pena di morte può indurre i criminali a diventare più efferati, proprio per evitare il peggio! Emerge invece la convinzione che la tanto conclamata giustizia e deterrenza sia in realtà una malcelata vendetta.
Ma con la vendetta si fa solo una nuova ingiustizia, non si rimedia a quella già avvenuta.
C’è solo un caso che fa barcollare la nostra fede nella opposizione netta alla pena suprema e si è verificato proprio in Romania dopo la cattura di,Ceauseseu. Si disse: “Se non lo ammazzavamo subito, i suoi adepti sarebbero venuti a liberarlo, e allora addio libertà”. Mi viene in mente che già S. Tommaso difendeva il tirannicidio (“meglio che uno muoia per tutti”). Sarebbe dunque una forma di “legittima difesa”, anzi la più motivata , perché le vittime qui sono tante. Personalmente riteniamo che persino in questo caso bisognerebbe tenere fede al principio della “Non Violenza” e dell’assoluta non eccezione. Delle tre eccezioni classiche (la “guerra giusta”, che non esiste più, la “pena capitale”, che è contraddittoria e assurda; la “legittima difesa” che è l’unica ancora “tollerata” da alcuni), questa “legittima difesa” contro il tiranno può essere al massimo “tollerata”, ma neppure essa giustificata.
[immagine: Vilhelm Hammershøi, Interno con due candele, 1904, particolare.]