Leandro Rossi per “Utopia possibile”, numero 6, dicembre 1989, pp. 12-13.
Le posizioni che meritano di essere dibattute oggi non sono, a nostro avviso, quelle che contrappongono il proibizionismo delle destre e l’antiproibizionismo di Pannella, come noi li definiamo: uguali e contrari.
Contrari, perché sembrano agli antipodi, ma uguali perché danno enorme importanza alla legge, in quanto la considerano causa di ogni bene senza alcun male o, viceversa, di ogni male senza alcune bene. Il nodo legale oggi è invece un altro: “modica quantità” sì o no? E certo che drogarsi è male (come abortire o divorziare o tentare di suicidarsi), ma questo male deve essere anche “reato”, cioè punito dalla legge.
Gli schieramenti ormai si conoscono bene, sia in parlamento che nelle comunità di recupero. Sono per respingere la “modica quantità”, ad esempio le comunità Incontro di Don Gelmini e la comunità di S. Patrignano di Muccioli oltre che il disegno governativo. Con maggiore o minore fiducia nella legge repressiva dicono: bisogna affermare con chiarezza che drogarsi è male e dissuadere (anche con la legislazione) dal farlo. In primo piano qui sembra essere non l’educazione, ma la paura della legge, per giovani che non hanno paura neppure della morte.
Sull’altro fronte (quello della 685 solo corretta e della modica quantità) ci sono movimenti come il C.N.C.A., le Acli, l’Agesci, ecc. raggruppate sotto il motto “Educare e non punire”. Essi fanno osservazioni molto pertinenti e puntuali. Il drogato verrebbe sottratto ai servizi e respinto nella clandestinità, magari ancor più nelle mani degli spacciatori. Ma poi dove sono i servizi in grado di rispondere alle richieste della legge? Le prefetture, i tribunali e le carceri verrebbero paralizzati; oppure la legge diventerebbe tollerante con gli uni e non con gli altri, con pericolosa discriminazione da parte dello stato: già ai suoi tempi Cesare Beccaria metteva in guardia il legislatore da leggi “disarmate”, cioè inattuabili, per non far deridere il codice. Gli operatori dei servizi pubblici e privati (Comunità), infine, si vedrebbero declassati, nel loro compito educativo, a semplici carabinieri (di serie B) o secondini, se costretti a custodire giovani non consenzienti.
Il problema è grosso e la mediazione difficile o impossibile. Noi siamo contro la repressione e simpatizziamo per la vecchia legge da attuare e solo un poco da correggere. Vorremmo però qui raccogliere tutte le idee belle sostenute e mai prese in considerazione.
Il CEIS, ad esempio, considera la prevenzione la terza via tra la repressione ceca e il permissivismo delle sbandierate legalizzazioni, chiedendo di lavorare per una cultura di solidarietà e non-violenza, di servizio e di dono, contro la logica dell’avere sempre di più. La Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini chiede di affidare alcuni tossicodipendenti a strutture che non siano strettamente dedite a questo compito come case-famiglia per handicappati, gruppi famigliari, cooperative di lavoro (ma i giovani andrebbero ad accudire malati, vecchi e handicappati liberamente o no? Qui sta il punto).
Noi pure di “Famiglia Nuova” vorremmo fare qualche osservazione, che di solito non si sente, specie quando ci sono le contrapposte posizioni sulla legislazione. Tra “l’educare e non punire” e il “punire e non educare”, c’è forse qualcosa di mezzo o qualche riflessione da fare per avvicinare maggiormente le due posizioni. Anzitutto che “la speranza non viene dalla legge”.
Perdere tutto il tempo nell’appoggiare o contestare la legge ci sembra nuovamente sopravvalutarla (anche da parte dichi la combatte strenuamente).
La legge non è di sua natura uno strumento impositivo, che commina una pena a chi fa il contrario? Noi operatori del settore dovremmo chiedere non tanto di educare (ci pensiamo già noi) o di non punire (perché è il suo mestiere), bensì di esserci di “aiuto e non di ostacolo”. La legge non ci aiuta ma ci ostacola quando ci tratta come alberghi di prima classe e ci costringe ad approntare struttura impossibili (come i rubinetti a pedale in tutti i lavandini e cose-del genere come buttare via una villa perché fatta in passato con dieci centimetri in meno rispetto all’altezza richiesta oggi). Rovina il nostro lavoro quando ci preleva dalla Comunità giovani che vanno bene per rimetterli in galera ecc.. Forse la breve incarcerazione ( se non arbitraria o discriminatoria) potrebbe servire a indurre il giovane a disintossicarsi o a non peggiorare la sua posizione penale (come l’educatore di ieri sapeva dare qualche sculacciata). Ma l’educazione – comunque e sempre – deve poggiare non sulla paura (qui oltre tutto inutile), ma sulla soluzione dei problemi esistenziali e sulla capacità di instillare la voglia di vivere nella gioia e nell’aiuto ai fratelli.
[immagine: Pieter Paul Rubens, San Girolamo, 1609, particolare.]