Leandro Rossi per “Utopia possibile”, numero 4 – 5, settembre – ottobre 1989, p. 4.
Un bravissimo obiettore della nostra comunità mi scrive che è alle corde, per il lavoro gravoso che gli ho richiesto, come responsabile di una comunità e mi dissuade dal ripetere lo sbaglio con altri. Con lui la mia risposta è semplice, nonostante tutto: ringrazio, medito, incoraggio.
Mi scuso e ringrazio per quanto ha fatto fin qui con vero impegno; medito, se si possa chiedere un servizio di tale tipo ad un giovane poco più che ventenne; incoraggio lui a terminare il mandato per i tre mesi che restano, se se la sente: i giovani possono cambiare umore e passare dalla delusione all’euforia anche più di noi. Dopo tutto ha perso solo un giovane e anche quello, speriamo, non definitivamente.
Ora però voglio confessarmi pubblicamente anch’io. Non intendo fare qui neppure minimamente un elenco delle difficoltà incontrate in quasi 12 anni, a cominciare da quando non avevo obiettori e neppure operatori fino a quando arrivò finalmente il primo contributo dagli enti pubblici, su fino alle ultime battaglie con la Ussl 68 di Rho che finalmente dice dopo due anni che pagherà – bontà sua – solo 50% del dovuto, e con il Ministero di Grazia e Giustizia che paga allo 0%, anzi ti chiede soldi lui perché gli ospiti i giovani…
Parlo invece delle richieste che riceviamo ogni martedì presso il NOT di Lodi per ospitare giovani in comunità e di quelle che giungono da amici, dal carcere e da ogni dove, alle quali dovremmo rispondere sempre di no, se non ci fossimo procurate a nostre spese altre strutture per accoglierli. Avremmo evitato tanti grattacapi, l’accusa di megalomane espansionismo, mantenendoci lo stesso il fiore all’occhiello per un’unica comunità.
Ma gli uomini mezzo morti sulla strada sono tanti e la tentazione di fare il buon samaritano fin che si può è grande, spero non peccaminosa.
Ora ormai le comunità ci sono. O si trovano Operatori da mettervi e obiettori per affiancarli, o è necessario chiuderle. L’avete voi il coraggio di dire agli ospiti: “Andatevene a casa. Ritornato sulla piazza a spacciare e poi in galera a scontare la pena perché ci manca il personale?”
Allora dobbiamo dire ai giovani: “Fate gli obiettori alla leva”. Prenderete due piccioni con una fava. Contesterete una difesa basata sulle armi, che è invece una corsa basata sullo sterminio di tutta l’umanità; e offrirete un servizio civile a chi è in difficoltà, cogliendo un’occasione impagabile di maturare e di immunizzare voi stessi. Alla CARITAS, specie quella di Lodi, vorrei dire: ricordatevi di noi. La comunità femminile si regge tutta sulle povere spalle di mia sorella. sessantacinquenne, che deve provvedere 365 giorni l’anno e 24 ore al giorno. E il vostro volontariato femminile esiste? Perché non ci offrite qualche ragazza di supporto?
Per quanto riguarda non i volontari, ma gli operatori il discorso va fatto esattamente. Qui ci sono posti di lavoro, ma per gente motivata, che non si muova solo per il 27 del mese. I giovani se ne accorgerebbero e voi sareste dei secondini e non degli Operatori di libere comunità.
Per giunta per noi è necessaria la convivenza (del singolo o della coppia). Offriremmo noi la casa e le stanze necessarie, ma non si può rinunciare a vivere con i ragazzi, non tanto per poter quadrare i bilanci noi, ma perché possiate comprendere i giovani voi.
L’altra via di soluzione (oltre ad un aiuto saltuario di altri volontari) è quella della responsabilizzazione degli stessi giovani ospiti, che potranno fare domani da responsabili e da operatori in Comunità. La cosa però cozza contro due scogli: i tempi lunghi che occorrono perché uno passi da alunno a professore, da un canto; e la presunzione dei giovani di sentirsi pronti al rientro nella società dopo pochi mesi di comunità (qui ha ragione il nostro obiettore di dire che i tossici non vogliono imparare la lezione di altri e vanno a sbattere contro lo stesso muro).
L’appello è lanciato: ieri non potevamo ospitare di più per mancanza di strutture. Domani dovremo mandare tutti a casa per mancanza di operatori.
Pensateci tutti: genitori, politici, persone sensibili (di ideologia cristiana o marxista non conta: conta la generosità e la coerenza).
[immagine: Vilhelm Hammershøi, La moglie dell’artista nella casa a Strandgade, 1901, particolare.]