Angioletta Rossi per “Utopia possibile”, numero 4 – 5, settembre – ottobre 1989, p. 26.
Qunando mi sento un po’ stanca e sfiduciata mi basta vedere il sorriso di Chiara che allarga le braccine in attesa di essere coccolata, per tornare serena. Se poi mi capita di dover occuparmi anche per poco tempo di Giulia, dimentico ogni preoccupazione: la vivacità e la simpatia di quel frugoletto sono tali da polemizzare ogni mia attività. Ci sono poi Irene ed Enrico che vedo alla domenica quando arrivano per la Messa. Irene è ormai grandicella, si fa per dire, ma non sa ancora come ci si comporta in chiesa e spesso costringe i genitori a rincorrerla lungo la navata. Enrico, invece, di pochi mesi, se ne sta buono buono nella sua piccola culla portatile. Anche il piccolo Matteo fa parte della nidiata, lo si sente in chiesa quando partecipa a modo suo alle funzioni e gorgheggia come può. Il più grande è Simone che si sente un ometto perché presto inizierà la prima elementare. C’è infine in arrivo il figlio di Massimo e Cristina a cui porgiamo tanti cordialissimi auguri.
Ecco qui i nostri bambini, tanto cari, a cui voglio molto bene. Essi risvegliano e ravvivano in me l’amore materno e hanno il potere di suscitare nel mio animo commozione e tenerezza.
Ti ringrazio, Signore di avermi messo accanto questi bambini a rallegrare le mie giornate in cui a volte si trascorrono ore di tensione e di ansia. Essi mi fanno guardare con fiducia al futuro, sono la benedizione di Dio sulla nostra comunità.
Hanno un influsso distensivo e benefico anche sui ragazzi. A volte osservo come muta l’espressione del loro viso allorché prendono in braccio un bambino, se lo palleggiano, lo fanno giocare e scompare in loro ogni ombra di tristezza anzi sembrano dire: anch’io un giorno avrò un bel bambino che mi aiuterà a dimenticare il passato burrascoso e a guardare con fiducia ad una vita fatta di onestà, di amore, di lavoro.
[immagine: Lucas Cranach il Vecchio, Melanconia, 1532, particolare.]