Leandro Rossi per “Utopia possibile”, numero 3, giugno 1989, pp. 17-18.
Non ebbi la fortuna di vedere Don Milani, ma Don Mazzolari sì. Eravamo a Bratto in Val Seriana, , avevo quindici anni. I villeggianti avevano indotto il vecchio parroco ad invitarlo, e noi lo sentimmo ( con la sua parola convinta, appassionata) parlare contro il denaro, per i fratelli poveri, ricordandoci che anche nella prima comunità cristiana c’era un Giuda: un povero fratello Giuda.
Non sapevo ancora niente di lui, della sua “lotta contro tutti gli oppressori di ieri di oggi e di domani” per dirla con una delle sue tante frasi d’effetto, ma per la convinzione più che perla retorica. Ieri c’era il fascismo, col quale si scontrò, nel feudo di Farinacci. Fu scampato per miracolo, perché era ancora il povero pretino di campagna, giudicato sostanzialmente innocuo.
Venne poi la volta delle dittature rosse. Don Mazzolari, per batterle, fece persino comizi per la Democrazia Cristiana, o, come si diceva allora, per la difesa della religione. Oggi i due partiti più grossi d’Italia lo rivendicano. Il PCI si riconosce nella sua battaglia per la pace, nella sua scelta dei poveri e degli ultimi, e nella sua diffidenza per il concordato. La DC non vorrebbe mollarlo, perché fa piacere trovarsi
“dopo” con i profeti. Mai profeti da vivi sono scomodi e Mazzolari nella sua “la grande avventura” paragonava il mondo cattolico al fratello del figliuol prodigo, che respingeva il convertito invece di festeggiarlo insieme al padre. Cosi l‘Azione cattolica, così il clero, dovevano domandarsi, che parte assumevano nella vicenda del figliuol prodigo.
Sicché, suo malgrado, si trovò contro anche la “dittatura bianca”, se così si può dire. Il libro fu diffidato e ne fu proibita la vendita dal Cardinal Ottaviani persino nel 1961, dopo la sua morte (oggi è un manuale edificante!). La sua rivista “L’adesso” fu soppressa, con il Card. Suster, prima, e con Montini poi Poma, il vescovo di Mantova (che poi sarà Presidente dei vescovi italiani) dirà: “finché quella bocca potrà parlare e quella penna potrà scrivere non potremo essere tranquilli”. Il Card. di Milano gli replicherà: “Ma oltre il Tevere le cose sono cambiate”, alludendo all’arrivo di Papa Giovanni in Vaticano.
Don Primo ha vissuto la mentalità conciliare prima del Vaticano II. Il papa Buono lo chiamò in udienza; ma il maestro di camera vide il suo nome sul notes e annullò l’udienza. Per puro caso Mazzolari non ritorna a Cremona la sera stessa (aveva un malore), sicché il giorno dopo il segretario particolare del Papa va a riconfermargli l’udienza. “Ecco qua lo Spirito Santo che soffia nella bassa padana”, dice il Papa di santa memoria. Don Primo ne gioirà al punto che poco dopo morrà. Persino Paolo VI dirà poi: “Aveva un passo così spedito che era ben logico che non tutti sapessero stargli dietro”.
Don Bedeschi rubò al vescovo di Cremona le lettere di Don Primo, che pubblicò in “Obbedientissimo .in Cristo”. Il tono aulico sembra d’altri tempi. Mazzolari riconosce l’autorità, con termini di rispetto quasi cerimonioso (del tempo della sua educazione). Dirà da obbediente “io bacio la mano che mi colpisce”, protesta che sarà sempre ubbidiente… ma quando c’è di mezzo la sua coscienza di uomo e di cristiano, diventerà forte come un macigno: con la sua coscienza nessuno può giocare, neppure l’autorità ecclesiastica! “Perché mi proibiscono di scrivere e di parlare fuori parrocchia? Le cose che dico qua non sono le stesse?”. Don Primo era si un “profeta. Ubbidiente”. Ma Sapeva che la prima e l’ultima obbedienza che si deve prestare è quella a Dio, che ci parla per mezzo della coscienza, non al sistema o ad un superiore umano. È un “profeta” non può che ubbidire a Dio e a nessun altro.
Don Primo fu un pacifista convinto. Ma mi risulta ancor più simpatico quando penso che si è sbagliato anche lui. No. Non capitemi male. Ha sbagliato non a fare il pacifista. Ma a fare prima, nel 1915, l’interventita. Chissà. Voleva difendere il “lembo della patria” o era facile preda giovanile della retorica bellica. Più tardi dirà contro l’arbitrio dei potenti, che il pacifismo .è difesa da chi “mi strappa dai miei, mi veste di una divisa, mi fa andare in guerra, mi tiene per anni e anni inchiodato al più terribile ed inumano dei doveri: ammazzare e farmi ammazzare”.
Caro Don Primo, come recita il Vangelo (Mt.23): “I nostri padri ti uccisero e noi erigiamo monumenti”. Che il profeta lo si debba apprezzare sempre quando è morto?!
[nella foto: Primo Mazzolari]