Leandro Rossi per “Utopia possibile”, numero 1, gennaio 1989, pp. 28-29.
Stavolta passiamo dalla storia alla cronaca. Carlo Caretto è morto quest’anno a Spello, nella sua fraternità di piccoli fratelli e piccole sorelle.
Era nato ad Alessandria nel 1910 e divenne presto Presidente nazionale della gioventù di Azione Cattolica (la cosidetta “Giac”
i cui baschi verdi sfilarono a centinaia di migliaia in S. Pietro nel 1948, anno della crociata di Pio XII contro i comunisti). Eppure non era integrista, ma un animo libero, che seppe restare sereno anche quando la sua ingenua innocenza lo spinse a dire cose sgradite e ha subirne le conseguenze.
Era ancora un ragazzo quando ho letto il suo primo libro: «Famiglia piccola chiesa», dove si esaltava l’ amore e si considerava il sesso come un dono di Dio. Per aver detto con candore queste cose belle, subì i primi ammonimenti ufficiali, e il biasimo dei «benpensanti».
Sognava una chiesa povera e libera, mentre il suo capo all’Azione Cattolica, Luigi Gedda, con i comitati civici sognava il potere: la DC era per questi troppo di sinistra. Il Papa avrebbe dovuto lasciarla e fare l’occhiolino a destra.
I pochi cardinali di Curia che condizionavano potentemente il Papa, lo indussero a liquidare Caretto e con lui tutti i migliori della ACI del 1953: Arturo Paoli, Mario Rossi, ecc.
Carlo non si ribellò. Come gli altri cambiò vita. A somiglianza di Carlo De Foucord ( chi non ricorda il suo libro: « Come loro »?) andò nel deserto del Sahara a pregare, condividendo la vita poverissima di quella gente araba. Il Caretto non fu assassinato come il Carlo omonimo, esperimentò la fecondità del silenzio (scriverà poi un libro su « Il deserto della città») e vi rimase per 10 anni, fino al 1964, quando rientro in patria per ragioni di salute.
Da allora visse appunto a Spello, nella fraternità. fondata da lui.
Visse come S. Francesco serenamente e poveramente sulle dolci colline dell’Umbria, accogliendo chiunque volesse andare ad esperimentare la bellezza del silenzio e della preghiera,nella condivisione fraterna.
Non era certo malato di protagonismo, ma anzi innamorato del deserto. In questi 24 anni di Spello disse solo due parole, che però lasciarono il segno. La prima è del 1974, l’anno degli opposti integrismi «cattolico e laico» per la questione del divorzio. O eri cattolico per il «Sì» al referendum, o eri laico e laicista per il «No». Non. c’era spazio per distinzioni ragionevoli, né per necessarie mediazioni: bisognava schierarsi! Ciascuno diceva: o con me o contro di me. Ebbene, in una breve lettera Caretto dichiarò che avrebbe votato «No», come i laici, proprio perché era cristiano: voto «No» all’ abrogazione del divorzio, proprio perché dico «Si» all’ indissolubilità matrimoniale e alla perennità dell’amore.
L’amore fedele e perenne, per lui, era una scelta libera dell’uomo e del credente: non doveva diventare una costrizione dello stato.
Fu accusato di tradimento, gliene dissero di tutti i colori, ma egli ritornò nel suo deserto spirituale, non si giustificò, soffri in silenzio; ma tante coscienze ricevettero pace per il suo coraggio.
Dopo 12 anni, nel 1986 venne la sua seconda parola, in una lettera aperta al Papa, che rivela la sua delicatezza e la sua fede, ma anche il suo coraggio a differenza dei religiosi codini. Nell’Azione Cattolica soffiò ancora un venticello (non proprio la bora del 1953), le sinistre furono ancora spazzate via, e con esse l’apertura e la tolleranza. Caretto chiese al Papa di pensarci bene. Non disse: il tuo predecessore Pio XII fece lo stesso e avevamo ragione noi, perché dopo il Concilio avrebbe approvato tutte le nostre idee. S’indignò il suo vescovo, il metropolita Pagani (al quale dissi: «ha ragione Caretto»), 1’Italia integrista intera. E Caretto ha taciuto ancora.
Caro Carlo, quando venimmo a trovarti da Montebuono tu definisti l’Angiolina come «Madre Badessa» e noi definimmo te «San Francesco».
Grazie per il tuo silenzio e le tue poche ma azzeccate parole, grazie per il tuo garbo e per il tuo coraggio. Grazie per la tua serenità… nonostante tutto!
[Carlo Carretto – Alessandria, 2 aprile 1910 – Spello, 4 ottobre 1988.]