Leandro Rossi per “Utopia possibile”, numero 1, gennaio 1989, pp. 16-17.
La “Pace agli uomini di buona volontà” ci suggerisce tante cose. Evoca il bisogno di andare d’accordo in famiglia e in comunità, fino all’assurdità di insediare in Italia gli F16 proprio mentre il mondo si prepara a disarmare. Ci ricorda che la Pace è frutto dell’amore, come richiede che il nostro Spirito di Pace ci faccia approdare alla riconciliazione e al perdono. Ma ci sono tre condizioni poste improrogabilmente oggi dalla pace, se non vagliamo che il nostro discorso sia alienante, monco o anche soltanto allegorico, cioè: disarmo, giustizia, e sviluppo.
Disarmo
Pace vuol dire anzitutto assenza di guerra e distruzione di ordigni bellici di ogni tipo, a cominciare dai più micidiali (che sono quelli A B C: atomici, batteriologici, chimici). Non è credibile l’incontro al vertice, come espressione di volontà di pace, se poi contemporaneamente si aumentano le armi, o gli esperimenti, o anche solo se non si traduce immediatamente nella distruzione degli arsenali di morte. C’è un pretesto, che può illudere il semplice: la necessità della difesa. Si dice: “Io non faccio la guerra; ma debbo dissuadere gli altri dal farla, per cui debbo restare forte quanto lui o, meglio, di più”. È il problema della “deterrenza”, che tanti -ingenuamente- credono di dovere legittimare, loro malgrado. Come proibire la legittima difesa? Da sempre l’umanità ha detto: “Se vuoi la pace prepara la guerra”! Sì. Ma la legittima difesa può diventare oggi una aggressione ingiustificata. Anzi, per dirla con Don Milani, la legittima difesa e la guerra giusta perché difensiva oggi non esistono più, per la micidialità degli armamenti. “O intervieni 20 minuti prima, ed allora è attacco, non difesa; o intervieni 20 minuti dopo ed è solo vendetta”. Giustamente Papa Montini ha rovesciato lo slogan tradizionale, dicendo: “Se vuoi la pace prepara la pace”. Il contrario è un assurdo in tutti i campi. Se vuoi la salute, non puoi diffondere i virus o la sporcizia. Se vuoi le ricchezze, non puoi vivere scialacquando. Se vuoi l’amore, non puoi seminare l’odio. Così, se vuoi la pace, non puoi e non devi costruire le armi.
Giustizia
Non basta non armarsi ulteriormente, anzi non basta neppure disarmare completamente. Non c’è pace dove non c’è giustizia. La pace non è solo assenza di cannoni o di missili, ma è costruzione di un ordine giusto. Se uno protesta giustamente per un ingiustizia, e io gli rispondo di lasciar perdere, di vivere in pace, in realtà io parteggio per chi ha causato l’ingiustizia e la vuole mantenere. Solo chi lotta allora per la giustizia lavora efficacemente per la pace. La vera pace, infatti, non è quella del cimitero, ove certamente i morti non protestano più. Vivere in pace significa vivere nel rispetto e nella collaborazione, e non invece nella intimidazione e nella sopraffazione. La pace, dunque, vuole la salvaguardia dei diritti degli uomini e dei popoli, di tutti senza eccezioni all’Est come all’Ovest e, soprattutto, al Nord come al Sud. Le guerre, sinora, furono decise dal mondo occidentale o dalla Russia cioè al Nord ma furono sempre combattute al Sud del mondo. “Voi ci mettete le armi – diceva il martire Romero a Carter – ma i morti sono sempre nostri!”.
Sviluppo
I soldi che vanno in armi non vanno in pane. La fame è il problema più urgente del mondo, se si vuol vivere in pace. Giustamente Paolo VI nell’enciclica “Populorum progressio” diceva che “lo sviluppo è il nuovo nome della pace”, e denunciava: “I popoli poveri diventano sempre più poveri e i popoli ricchi sempre più ricchi”. Questo paradosso è andato aumentando in questi ultimi 20 anni. Sicché oggi il Papa riprende quel tema dello sviluppo nella nuova enciclica (“Sollecitudo rei socialis”). Al NO al capitalismo perché poggiante sul profitto, sulla concorrenza disumana e sulla proprietà privata degli uni (e l’esproprio degli altri), aggiunge il “No” ai blocchi e alla loro egemonia senza pretesa di possedere una “terza via” (tra capitalismo e comunismo) dettata dal Vangelo. Il vangelo vuole la predilezione dei poveri e la loro promozione. Senza di questo non c’è pace.
[immagine: Ernst Storch, Manifesto per la pace attraverso la cooperazione intra-europea, 1950, particolare]