Cristina Vercellone per “Il Cittadino”, 10 dicembre 2024, p. 3.
I numeri del disagio giovanile sono schizzati alle stelle in questi anni. Lo dicono i dati dello “Spazio arancione” dell’Asst, comunicati dalla responsabile del dipartimento dipendenze Concettina Varango.
«Abbiamo preso in carico 141 giovani – spiega la dottoressa -, dopo il Covid sono lievitati. Quando abbiamo aperto, poco prima del lockdown, i numeri erano bassi, poi hanno iniziato a crescere». Il suo commento arriva all’indomani di un nuovo episodio di devianza che ha visto protagonista, sempre in zona stazione, un gruppo di minorenni. «La stazione – spiega la dottoressa – è un luogo informale, defilato, dove la gente va e viene, anonimo oserei dire». Le motivazioni dell’incremento del fenomeno del disagio giovanile, spiega il medico dell’Asst, sono da ricercare «nella comunità degli adulti che ha perso i valori. Lo dice anche lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini». Quello del disagio giovanile è «un fenomeno che ci portiamo dentro da qualche anno e che il periodo del Covid ha slatentizzato e ha fatto emergere in modo conclamato – aggiunge la dottoressa -. Assistiamo alla perdita di valori, al tema della disfunzionalità famigliare, e al sentimento di insicurezza dei giovani. Non ci sono figure adulte di riferimento. L’utilizzo delle sostanze e dell’alcol sono una miccia esplosiva. Gli episodi di violenza avvengono sempre nelle zone di disagio sociale dove le persone che non sanno cosa fare girovagano. A volte il disagio non viene esternalizzato con l’uso delle sostanze, ma con pensieri suicidari e l’agressività verso gli altri. Uscire di casa con un tira pugni e un coltello vuol dire avere intenzione di aggredire qualcuno, non parliamo di agiti istintivi. Alla base c’è un disagio dell’anima delle persone». Nello Spazio arancione, i giovani vengono ascoltati e sostenuti, gli operatori dell’Asst chiedono il supporto dell’Uonpia, del consultorio, del pediatra e della sezione giovani della psichiatria. A volte sono i genitori che ci contattano perché non sanno come gestire e comprendere il disagio dei figli. La perdita di valori, l’insicurezza, la mancanza di identità e di riferimenti nel mondo adulto, il disagio nei contesti famigliari in adolescenza accendono micce esplosive. Se c’è collaborazione però le possibilità di uscita dal disagio sono elevate».
A mettere in campo le risorse per far fronte al disagio è anche la cooperativa Famiglia nuova che lavora in rete con gli altri enti del territorio per quanto riguarda l’educativa di strada soprattutto. «È attivo dal 2016 a Lodi – spiega per Famiglia nuova Elisa Locatelli – il progetto “Un ponte sulla strada” finanziato da Regione Lombardia: noi siamo capofila. Da tanti anni lavoriamo sulla limitazione dei rischi; gli educatori vanno al terminal e nelle zone più calde della città dove ritengono sia opportuno interpretare e accompagnare i ragazzi. L’educatore di strada non si impone, ma si propone: con lo sguardo allenato di chi sa cogliere le dinamiche da presidiare, offre una relazione che è soprattutto di ascolto e se i ragazzi accettano c’è l’accompagnamento al servizio».
Complessivamente gli educatori di Famiglia nuova ogni anno incontrano circa un migliaio di ragazzi. La cooperativa ha messo a disposizione anche lo spazio Innesco di piazzale Forni che accoglie stabilmente 20 ragazzi, ma è aperto agli accessi senza appuntamenti.
«Più che il fenomeno del disagio – commenta Locatelli – sono in aumento la solitudine e lo spaesamento dei ragazzi, l’assenza di riferimenti. Con Innesco abbiamo creato un polo per gli adolescenti e potenziato l’ascolto. I ragazzi possono venire spontaneamente e anche le famiglie possono venire all’improvviso a parlare con noi. È uno spazio di prossimità, luogo di riferimento».