Giovedì scorso, a Bologna, FeDerSerD, la federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze, ha organizzato il convegno residenziale ECM “Sessualità e consumo di sostanze: chemsex, aspetti psicosociali, clinici e terapeutici”. Ho partecipato con grande interesse.
Il tema, come abbiamo ascoltato nel programma del convegno che abbiamo organizzato il 20 febbraio a Lodi, è “caldo” e le società italiane, che trattano le dipendenze e le Infezioni a trasmissione sessuale, sono molto preoccupate: l’allarme degli anni scorsi è diventato una istanza di aiuto che accolgono frequentemente e che porta con sé risvolti preoccupanti, pur senza drammatizzazione. In alcune città italiane, Milano, Roma e Bologna, ed Europee, tra le più interessate dal chemsex ci sono Londra, Berlino e Barcellona, sono stati attivati programmi di ascolto e supporto peer, interventi di tipo psicologico e farmacologico, laddove necessario; sono stati riattivati i gruppi di mutuo auto aiuto. Ma non basta.
Le autorità presenti per i saluti, le referenti di Federserd e i relatori hanno manifestato l’urgenza di piani sociali e sanitari dedicati, integrati nella multidisciplinarietà dei professionisti che lavorano nel mondo delle dipendenze, nei contesti del divertimento e del piacere. L’Associazionismo LGBTQIA+ (!?) è già molto operativo, ma senza la rete di servizi strutturati non riesce a reggere la portata, non ha le risorse umane ed economiche necessarie per fronteggiare situazioni che sono essere diventate pesanti, per la dipendenza da sesso e abuso di sostanze, che può intaccare la vita personale, famigliare, lavorativa con aspetti sintomatologici abbastanza seri.
Tra tutti i relatori ho trovato eccellenti gli interventi di Salvatore Giancane, storia e antropologia del piacere sessuale legato al consumo di sostanze, una storia antica, anche femminile; poi di Valeria Gaspari sulle classificazioni delle sostanze utilizzate, dei loro effetti desiderati, e collaterali, degli studi di ricerca sul tema, già analizzato e approfondito soprattutto da enti e coorti di popolazioni del Nord Europa. Anche il contributo infettivologico di Lorenzo Badia è stato molto efficace, e ha messo in luce alcune certezze scientifiche e demolito al contempo l’insorgere di false affermazioni epidemiologiche che, anche nel mondo clinico, si costruiscono più per stigma e pregiudizio che per raccolta e comparazione di dati certi e incontrovertibili. Sempre emozionante ascoltare la testimonianza diretta di chi vive il tema al centro delle parole: Filippo Leserri, attivista e presidente Plus Roma, fa la differenza.
Terminato il convegno sono partito con un senso smarrito, pensando a quanto è difficile proporre un cambiamento alle persone che sono alle prese con dinamiche di vita anche passionali, senz’altro intense, tuttavia così voraci che, senza averlo previsto e senza volerlo spingono verso un crinale di distruzione di quanto uno possieda o abbia costruito per sé. Tra gli interventi più plausibili può essere considerato puntare con l’informazione alla consapevolezza nelle persone che decidono di vivere questi comportamenti sociali per la possibilità che li vivano informate, avendo apprezzato ogni indicazione, d’aiuto, per la LDR (limitazione dei rischi) e RDD (riduzione del danno).
Bruno