Si festeggia quest’anno l’ottantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la fine della dittatura e della Seconda Guerra Mondiale. Ottant’anni sono passati da quando migliaia di giovani e meno giovani scesero dalle montagne in cui si erano rifugiati per combattere una lotta impari ed entrare nelle città d’Italia, finalmente libere e in festa.
La scelta di entrare nella Resistenza fu dettata da un ideale altissimo: contribuire a costruire un mondo migliore, per tutti. Non c’è racconto dei protagonisti della Lotta di Liberazione che non riporti la volontà di dimostrare che, per quanto il genere umano potesse essere caduto in basso a causa delle crudeltà nazifasciste, era ancora possibile ricostruire un Paese ed un mondo migliore, fondato sull’uguaglianza, sulla solidarietà e sulla giustizia sociale, non sulla sopraffazione e sulla corruzione.
Ma non è forse questo quello che andiamo cercando di mostrare alle persone che accogliamo nelle nostre comunità e nei nostri servizi? Che per quanto sia stata dura e rovinosa una caduta, si può provare a immaginare di ricostruire un futuro?
I valori di coloro che animarono la Resistenza sono quelli su cui si basa la nostra Costituzione, mirabilmente riassunti nell’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione di opinioni politiche di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
E penso a Luisa Calzetta, nome di battaglia “Tigrona”: maestra elementare, partigiana, caduta a 25 anni in un agguato nazifascista al passo dei Guselli, in provincia di Piacenza; che questi valori scelse di metterli in pratica per permetterci di scriverla, la Costituzione. Luisa aveva scelto di insegnare ai bambini per vederli sbocciare alla vita. Forse, se non ci fosse stata la guerra si sarebbe iscritta alla facoltà di Magistero, sarebbe diventata un’educatrice, una pedagogista, una collega, o forse no. Ma di fronte alle barbarie decise che non era più sufficiente essere una brava insegnante e che il miglior servizio che poteva rendere ai suoi allievi era cercare di costruire per loro un futuro migliore in cui crescere. Per questo si unì alla Resistenza.
Allora penso che ciascuno di noi come lavoratore del sociale, come socio di una cooperativa sociale dovrebbe sentirsi uno strumento con cui la Repubblica tiene fede all’impegno di promuovere l’uguaglianza fra tutti i cittadini. Perché è attraverso la nostra capacità di curare e restituire speranza che dimostriamo che i valori non sono solo parole, ma azioni concrete che possono cambiare le vite delle persone, a partire dalle più fragili e indifese.
Ecco perché il 25 Aprile è la nostra festa, ecco perché dovremmo essere in piazza e nei cortei insieme alle persone che entrano nei nostri servizi: per ricordare e dimostrare che l’esempio dei nostri maestri è ancora forte e che ci permette di continuare a provare a costruire una società più giusta e accogliente per tutti.
Buona Festa della Liberazione.
Enrico Battini