Un lavoro è un lavoro.
È una parte importante della vita, a cui dedichiamo gran parte di essa. Più o meno soddisfacente, più o meno dignitoso, più, ma spesso meno e male remunerato, a volte rischioso fino alla morte di quella vita a cui è necessario per viverla, ancora una volta più o meno bene, più o meno felici.
C’è la disparità salariale di genere, esistono soglie alte e basse per accedervi per alcune popolazioni: transessuali, migranti poveri e impoveriti, handicappati, irregolari di vario tipo che sono messi al bando da una comunità o dall’ambiente, o sfruttati per lavoro nero, sporco, duro.
Ci sono sbarramenti all’ingresso nel mondo del lavoro per chi è troppo giovane, e a cui manca esperienza, e per chi è troppo vecchio e troppo esperto o con troppa formazione, a conferma di una deriva del sistema.
Cosa dire della svalutazione che grava sul lavoro manuale di fatica, usurante, o il discredito gettato sul lavoro educativo di insegnanti e di certe classi di operatori del nostro malandato sistema sociale e sanitario, nostro settore compreso.
E non possiamo tutti arrotondare con extra, provenienti da OnlyFans e siti affini: ci vuole un certo “personale”, e si rischia il licenziamento e il pubblico ludibrio.
Allora cosa possiamo festeggiare nella giornata del 1 maggio 2025, non senza retorica?
Siamo qui, è vero, ci accontentiamo, a volte grazie a picchi di entusiasmo e qualche volta avendo anche ricevuto buon riconoscimento. Noi poi che come altri ci occupiamo molto di chi ce la fa meno, sempre meno, e lo facciamo per lavoro, dovremo sempre più trovare motivazioni nell’esperienza, unica e irripetibile, delle relazioni d’aiuto e di supporto umano, dell’ascolto psicologico e della cura sanitaria e specialistica che operiamo ogni nostro giorno lavorativo speso in Famiglia Nuova. Talvolta e per alcuni di noi, per tutti i giorni dell’anno.
Buon Primo Maggio a tutte e tutti.
Bruno