Siamo diventati grandi

Presentare questo progetto in un tempo tanto difficile e pieno di incognite ci ha obbligati a riflettere su come mettere a frutto una così lunga ed articolata esperienza che, forse, non era nemmeno nella testa di chi quarant’anni fa ha fondato Famiglia Nuova.

Siamo diventati grandi, abbiamo consumato tante scarpe, incontrato tante salite, ci siamo stretti a tante persone, alcune delle quali non ci sono più. Ciascuno ha dato il proprio contributo e ha fatto in modo che questa “utopia possibile”, come la chiamava il nostro fondatore don Leandro, continuasse a camminare sui sentieri battuti da un’umanità fragile, emarginata, discriminata, riconoscendo a ciascuno il diritto alla propria felicità. A tutti naturalmente va il nostro grazie.

Sono passati quarant’anni, è un compleanno importante che, in tempi in cui è richiesto un distanziamento fisico, sembra impossibile festeggiare.

Noi ci vogliamo provare, naturalmente rispettando le regole e vi chiediamo di affiancarci in un’avventura alla quale vorremmo partecipassero tutti quelli che, come noi, credono che sia più che mai necessario condividere il peso e la responsabilità di servizi indispensabili alla vita e al benessere comune.

L'elefante nel parco

La scultura di Antonio Massarutto

da marzo 2021, Parco di Villa Braila, Lodi

L’artista Antonio Massarutto ha realizzato una scultura monumentale in legno. L’operà è stata sviluppata e “costruita” con la collaborazione degli adolescenti ospiti dei servizi di Famiglia Nuova.

Il lavoro rappresenta, simbolicamente, la cooperativa. L’animale scelto è un grande elefante: forte, solido, dalla proverbiale memoria, intento a camminare.

La tecnica ha previsto l’uso di tanti piccoli listelli di legno a evocare i tanti e diversi contributi che hanno portato alla crescita e al consolidarsi della nostra cooperativa.

La realizzazione ha avuto un rilievo pedagogico per i giovani che hanno contribuito alla costruzione della scultura.

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Dal lavoro per sostenersi, all’opera per creare il mondo, all’azione per realizzare le proprie scelte: possibile sinergia?

12 aprile 2021 ore 16.30

Il lavoro può essere inteso come un’attività che ha uno scopo, un carattere strumentale, procura reddito, richiede energie e presenta aspetti di obbligo e costrizione; si colloca nel sistema sociale ed economico e viene percepito come occupazione principale dalla quale deriva un ruolo nella società. Ma il lavoro ha una serie di elementi psicologicamente significativi per l’individuo, per il gruppo e per la comunità nel suo complesso.

L’intervento desidera mettere in luce le trasformazioni del significato del lavoro con particolare attenzione non solo agli atteggiamenti verso il lavoro, che variano da individuo a individuo, ma anche alle reazioni affettive, cioè gli stati d’animo e le emozioni derivanti dall’esperienza e che influenzano il comportamento lavorativo.

In questa prospettiva si assiste a un aumento della creatività e dell’interazione sociale se l’attività lavorativa é accompagnata da leadership che valorizza l’individuo e la sua attività in un procedere continuo di co-costruzione di significati condivisi.

Nella complessità della trasformazione in corso, dovute ai molteplici cambiamenti sociali, l’intervento vuole aprire degli spazi di riflessione che possano aiutare gli operatori a soffermarsi sui loro percorsi professionali e sulle proposte rivolte ai loro utenti con particolare attenzione proprio all’attività lavorativa come possibiltà di inserimento nel sociale.

Barbara Bertani, psicologa psicoterapeuta, Specializzazione in Psicologia del lavoro e dell’organizzazione, docente a contratto all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

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Aumento delle disuguaglianze sociali legate al covid-19

19 aprile 2021 ore 15.30

Curare soglie per la vita comune

Le esperienze di soglia sono carenti oggi nella nostra convivenza, come sempre è nei periodi di crisi e di passaggio: quando si vive nel tutto saturo delle appartenenze e delle solidarietà perimetrate e, insieme, nell’insaturo delle relazioni di estraneità e indifferenza.

Tre sono i tratti di questi percorsi sui quali incontrare, e anche fare appoggiare le differenze, le distanze, i conflitti.

Il primo è quello che le caratterizza come zone franche di pausa e di sosta, fuori dai contesti relazionali abituali o da quelli sociali “affaticati” nei quali si vive sotto pressione. Zone franche del rispetto, nelle quali non bisogna per forza dimostrare qualcosa o affermare e difendere ragioni: quel che si è viene accolto, il proprio racconto e vissuto sono ascoltati, solo si chiede rispetto e ascolto per i vissuti e i racconti di altri e il coraggio della verità. Fuori dalle dinamiche del confronto, della freddezza, della forza e del giudizio: lì si può apparire gli uni accanto e di fronte agli altri, in dolori e in desideri che risuonano e che a volte accomunano.

Il secondo è quello proprio delle zone delle parola nelle quali si possono vivere esperienze discorsive e conversazioni inedite, che vengono proposte, permesse, promosse, attese. Grazie anche alla presenza di soggetti capaci di “tradurre”, di rinarrare, di riavviare continuamente le parole e l’incontro. Dentro questa dilatazione di conoscenza di campi di esperienza dell’umano, e nella messa in movimento del gioco delle interpretazioni, si possono dare delle ridislocazioni personali, delle rielaborazioni di memorie e di attese, delle immaginazioni di possibilità.

Il terzo  è quello d’essere zone di passaggio e di transizione che lasciano liberi, verso un modo di essere, di dire, di scegliere, altro. Un modo nel quale tenere e lasciare, insieme, le tracce e i segni del passato, nel quale tener fede agli impegni e alle dedizioni reciproche e nuove. Luogo di partenza, lasciato verso avvii su orizzonti diversi, o verso ritorni, arretramenti, ristagni.
Alcune soglie, poche, già ci sono nelle città e nelle comunità e sono i luoghi della mediazione e della riconciliazione. Quelli più formali, quelli promossi da associazioni e volontariato, quelli che a volte abitano dentro le  istituzioni, quelli che vivono il tragitto di un’esperienza. Alcune altre esperienze si possono aprire e si aprono, ma vanno “raccontate”, dentro luoghi e servizi sociali ed educativi, rivisitandone i funzionamenti e le interpretazioni funzionali e burocratiche “difensive”.
Infine, certo, altre soglie vanno immaginate e realizzate ex novo, rivolte espressamente ad emergenze sociali, a nuovi fenomeni, oppure a strategie di più lunga durata, per provare a disinnescare meccanismi di “produzione” o reiterazione dell’odio, del risentimento rancoroso, del disprezzo e della negazione.

Ivo Lizzola professore di Pedagogia sociale e di Pedagogia della marginalità e della devianza presso l’Università degli Studi di Bergamo. Consulente e formatore nei Servizi educativi e sociosanitari riguardo lo sviluppo delle politiche sociali (con attenzione ai giovani e alle marginalità) e i temi della cura, delle vulnerabilità e della bioetica.

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Il background della persona con dipendenza problematica e l’effetto “terapeutico” della sostanza

28 aprile 2021 ore 14.30

Il modello teorico di riferimentoStefano Cirillo, Psicoterapeuta, Scuola Mara Selvini Palazzoli, Milano.
L’intervento si propone di illustrare come alle spalle di una persona tossicodipendente ci possano essere vicende familiari estremamente diverse, che si caratterizzano a partire dai differenti tipi di funzionamento di personalità sottostanti al sintomo comune. Un uomo che presenta un disturbo antisociale ha probabilmente vissuto un’esperienza di grave ingiustizia, cui ha reagito con la convinzione di avere diritto a un risarcimento, perseguito con qualunque mezzo, una ragazza borderline avrà subìto un abuso sessuale, e così via. Pazienti che soffrono di disturbi dell’area drammatica provengono da famiglie caotiche, segnate da traumi, al contrario dei giovani con una personalità ansiosa, timorosi del giudizio, insicuri, che avranno vissuto in sistemi familiari apparentemente del tutto «normali». I diversi vissuti che gli utenti suscitano negli operatori possono essere un primo indicatore diagnostico e una prima traccia per un progetto riparativo appropriato.

L’utilizzo di diverse tipologie di gruppi all’interno delle strutture residenzialiEugenia Luraschi, psicoterapeuta, responsabile terapeutica Struttura residenziale di Cozzo (PV) – Associazione Dianova Onlus.
Si desidera illustrare esempi di gruppi e di lavoro con il gruppo dei pazienti che contemplano un approccio bio psico sociale e che consentono di trattare la complessità della dipendenza e la globalità della persona. Lo strumento del gruppo, nella nostra esperienza, nasce dal mutuo aiuto e si è via via sviluppato e strutturato sempre di più divenendo uno degli strumenti importanti nel percorso cercando di unire la multidisciplinarietà dell’equipe e rendere “terapeutico” lo stare in comunità. Verranno presentati esempi e le basi teoriche sulle quali sono supportate.

Gruppo multifamigliare in una comunità terapeuticaFederica Beltrami, psicoterapeuta presso Comunità Terapeutica di Montrigiasco (Gruppo Abele di Verbania Onlus) e presso Serd di Verbania.
L’intervento si pone come obiettivo l’illustrazione di un metodo terapeutico efficace che occupa una posizione strategica situandosi tra la terapia familiare e la psicoterapia di gruppo. L’accento verrà posto su due fenomeni che caratterizzano il gruppo multifamiliare: il “rispecchiamento metaforico” che si ottiene grazie alla presenza di più nuclei famigliari disponibili a narrarsi e i “transfert multipli”. Il contenitore gruppale consente infatti di “disciogliere e ridistribuire” tra i vari membri del gruppo la potenza del transfert che in seguito a tale frammentazione può essere reintegrato e restituito con una minore carica emotiva.

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Penale minorile e giustizia riparativa

11 maggio 2021 ore 10.00

Il penale minorile come lente di ingrandimento sulla tutela dei minorenni.
La Legge illuminata che governa il penale minorile nel nostro Paese ha posto fin dal 1988 una bella sfida alle comunità educative: quella di divenire il contesto più adatto per rispondere alla richiesta di aiuto che i giovani autori di reato lanciano agli adulti attraverso la loro scelta di infrangere la Legge.
Oggi, a più di trent’anni dall’entrata in vigore, il mandato assegnato dalla nostra Legge alle comunità educative ha finalmente convinto molte strutture ad accogliere giovani autori di reato e a specializzarsi nell’intervento rieducativo che permea ogni articolo della Legge.
Ormai le comunità sono considerate un alleato imprescindibile della Giustizia Minorile, anche se permangono in tante strutture pregiudizi sul penale minorile, come se esistesse un baratro che distanzia i ragazzi che accedono alle comunità per aver commesso reato e altri giovani che vengono collocati per motivi di protezione.
Al contrario, il penale minorile, se conosciuto a fondo, si rivela una straordinaria “lente di ingrandimento” sui meccanismi della Tutela, rendendone più espliciti ed evidenti i grandi pregi e le insidie.
Perché sia davvero una scommessa vinta, però, la nostra Legge va interpretata nel modo più alto e coraggioso, sapendosi assumere nel lavoro quotidiano quei rischi che il nostro Parlamento ha deciso di correre mettendo a punto la Legislazione senza dubbio più avanzata al Mondo in fatto di risposta alla commissione di reato in minore età.

Paolo Tartaglione VicePresidente, Responsabile Area Reinserimento, Formazione e Interventi con le Famiglie c/o la Cooperativa Sociale Arimo, Consellor Familiare socio CNCP, Membro dell’Esecutivo Regionale del CNCA e Referente “Infanzia, Adolescenza e Famiglie” per la Lombardia, Membro della Consulta del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Lombardia

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L’importanza del tocco e del contatto nei contesti educativi 0/6 anni

22 maggio 2021 ore 9.15

Nell’ambito dei servizi alla prima infanzia vi è una crescente attenzione nel promuovere un approccio olistico allo sviluppo del bambino. Tuttavia, una parte significativa delle prassi educative tendono a focalizzarsi maggiormente su aspetti di natura mentalistica, come il linguaggio e la cognizione, considerati fattori critici per lo sviluppo socio-emozionale del bambino. Questa tendenza rischia di far trascurare la riflessione sul ruolo giocato dagli ”incontri tattili” che quotidianamente si attuano tra l’adulto e il bambino negli ambiti educativi e sul contributo che il contatto affettivo interpersonale può dare alla crescita psicologica del bambino. Pertanto, poiché il tocco affettivo costituisce uno dei principali canali della comunicazione umana, può essere rilevante riflettere sulle implicazioni educative che assume nella relazione con il bambino. A partire da queste considerazioni, la relazione prenderà in esame come gli ”incontri tattili” tra i bambini e coloro che se prendono cura possano aiutare a migliorare la comprensione dell’esperienza del bambino. Si discuterà inoltre dell’importanza di valorizzare il contatto affettivo interpersonale come uno dei fattori utili a promuovere lo sviluppo socio-emozionale del bambino.

Rosario Montirosso, Psicologo e psicoterapeuta. Responsabile del Centro 0-3 per il bambino a rischio evolutivo dell’IRCCS “E. Medea”- Associazione “La Nostra Famiglia” di Bosisio Parini (LC).

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Diamoci una mano: dialoghi, tra storia, arte, musica, letteratura, medicina e linee, tocchi e vibrazioni delle mani

24 maggio 2021 ore 10.00

Il progetto nasce dalla necessità di integrare i diversi tipi di approccio alla persona e dalla possibilità di dare nuove forme di lettura e di gestione del paziente agli operatori delle strutture in cui lavora. Come Direttore sanitario de i Tulipani ha cercato di cogliere e trasformare, insieme al’équipe della casa alloggio, il disagio legato al limite dell’intervento terapeutico… dandosi una mano.

Isabelle Felicioni, medico psichiatra, psicoterapeuta e psiconcologa. Svolge la sua attività professionale sia con sedute di terapie individuali e familiari e all’interno di strutture sanitarie. Nel corso degli anni ha seguito diversi corsi di perfezionamento presso l’Università del Sacro Cuore di Roma e ha integrato il suo percorso analitico freudiano, junghiano e psicodinamico con approfondimenti nell’ambito della medicina tradizionale cinese e dell’ayurveda.

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Vulnerabilità psichiche delle persone migranti, una lettura etnoantropologica

8 giugno 2021 ore 10.00

Da decenni ormai siamo pienamente immersi in processi storico-sociali di forte e rapido cambiamento, legati in particolare all’intensificarsi e diversificarsi dei flussi migratori. Gli stravolgimenti epocali a cui stiamo assistendo (non ultimo l’impatto aggiuntivo della situazione pandemica da Covid-19), stanno mettendo a dura prova le forme, le possibilità e le modalità di accoglienza dell’Alterità da parte delle nostre istituzioni. Le molteplici forme di vulnerabilità e le nuove forme di sofferenza che questi processi rendono evidenti, rappresentano oggi una delle poste in gioco. E’ nell’incontro con questa molteplicità di dimensioni che la prospettiva antropologica è chiamata a impegnarsi e a portare il proprio contributo per entrare nelle pieghe del nostro disorientamento e trovarvi risorse capaci di sostenere l’apertura a nuovi orizzonti di senso e di operatività.
Come cogliere la complessità della storia di una persona considerando più matrici di senso? Come operare un continuo decentramento del punto di vista per comprendere e quindi co-costruire un’intenzione condivisa di scelte e percorsi?

Costanza Amici, antropologa e mediatrice etnoclinica. Lavora come formatrice, ricercatrice, supervisore e consulente nell’articolazione degli ambiti sociale, salute e migrazione con enti pubblici e privati. Sviluppa nel tempo la sua specifica operatività nel settore della Salute Mentale declinando la prospettiva antropologica con quella etnopsichiatrica.

Sabrina Flamini, antropologa medica e mediatrice etnoclinica. Svolge attività di formazione, ricerca e consulenza nell’articolazione degli ambiti sociale, salute e migrazione con enti pubblici e privati. Sviluppa nel tempo la sua specifica attività nella raccolta di storie di migrazione e della ricerca-intervento nell’ambito delle modificazioni genitali femminili.

Ritratti, volti, sguardi

Mostra fotografica di Ciro Vajro

luglio 2021, Lodi

La mostra fotografica racconta la cooperativa attraverso gli scatti di Ciro Vajro.

L’autore ha scelto la forma del ritratto per meglio cogliere uno snodo centrale della cooperazione sociale che è fatta di persone, di scambi, di sentimenti, di empatia.

I ritratti di soci, dipendenti e amici della cooperativa vanno a comporre una rappresentazione collettiva fatta di differenti sfumature e sguardi.

La cooperativa si rappresenta attraverso un “autoritratto” in forma di mostra. Una occasione per presentarsi e rappresentarsi.

Il graffito di Jorit Agoch

Un ritratto di don Leandro Rossi

giugno 2021, Lodi

La realizzazione è stata affidata a Jorit Agoch, un artista internazionale che dipinge in tutto il mondo i ritratti di personaggi che hanno lasciato un segno nei campi in cui si sono distinti, sempre caratterizzati da un significativo spessore umano, accomunandoli in quella che lui ha chiamato la Human Tribe, la tribù umana.

Con la sua opera, il suo impegno, e la sua visione profetica don Leandro Rossi deve entrare a far parte di diritto della Human Tribe. Lo pensa anche Jorit che, dopo essersi informato sul personaggio e sulla sua appassionante biografia, ha accettato con entusiasmo l’incarico.

Jorit è un artista italiano, specializzato in arte urbana. Hanno scritto su di lui le più grandi testate giornalistiche internazionali da The Guardian, BBC, Middle East Eye, TeleSur, Euronews.

Un monologo per Leandro

“Una ragionevole felicità” di e con Silvia Frasson

luglio 2021

L’attrice e “raccontastorie” Silvia Frasson scriverà un monologo dedicato a don Leandro Rossi, teologo e fondatore di Famiglia Nuova.

Nel mese di giugno, nel belvedere di Montebuono si è tenuta la prima dello spettacolo teatrale prodotto in collaborazione con Rumorbianco.

Il 7 agosto una replica dello spettacolo è inserita nel cartellone della rassegna Lodi al sole.

Il monologo sarà presentato nel complesso conventuale di S.Cristoforo e di S.Domenico, sede della Provincia di Lodi.

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