Una riflessione a più voci frutto di pensieri condivisi fra le ospiti e le operatrici di Casa Angiolina
La discriminazione. C’è chi l’ha conosciuta appena nata, quando è stata abbandonata dal padre perché nata femmina. C’è chi l’ha subita quotidianamente dall’infanzia alla giovinezza vedendosi paragonata e considerata inferiore al fratello maschio. C’è chi è stata costretta a sposarsi a 14 anni pur di fuggire da genitori aggressivi. C’è chi non ha provato discriminazione perché ancor prima di conoscerne il significato ha direttamente subito abusi sessuali perpetrati dal padre affidatario. C’è chi ha rimosso per anni molestie fisiche a fronte di un tabù familiare che portava con sé discorsi inavvicinabili. Sono molte e differenti le storie e le situazioni che le donne vivono e con le quali convivono durante tutta la loro vita. C’è anche chi preferisce accantonare l’abuso, in questo caso di potere, per concentrare le proprie energie e risorse verso altre contingenze più difficili da affrontare oggi. Tale scelta sembra quasi un esempio di forza e duttilità che mostra come un evento di violenza subita abbia segnato il proprio percorso ma non abbia fermato la corsa verso un traguardo migliore, verso una meta lontana che richiede il superamento di numerosi ostacoli.
Ciò che accomuna queste storie è la rabbia, il disprezzo per quanto subito e per i soggetti che hanno abusato di loro. È l’indignazione e lo sdegno nel sentire notizie simili alle loro storie. È la scelta di spegnere la tv, di zittire i notiziari per non rivivere le emozioni provate. È il “vorrei solo capire perché è capitato a me tutto questo” e il “non auguro a nessuno quello che ho passato”.
Il problema a monte risiede nella cultura patriarcale che ancora oggi contamina pensieri e comportamenti di tutti, donne comprese. Dal macro-sistema come il mondo del lavoro e dello spettacolo al piccolo contesto quotidiano, troppe credenze e troppi atteggiamenti svalutano la donna e la rappresentano con una costruzione scelta da altri e difficile da smantellare. Anche un “lascia fare a me, altrimenti ti rovini le unghie” è un vago ma pizzicante segno di discriminazione. Sono queste sottigliezze che, diramandosi come un fiume straripato, allagano le menti e favoriscono lo sviluppo di idee maschiliste. Questo porta alcuni uomini a sentirsi in diritto di prevaricare le donne e di pretendere da loro certi comportamenti stereotipati. Per le donne adulte non coniugate sta diventando davvero troppo oneroso convivere col pensiero degli altri per cui devi necessariamente prestarti ai loro desideri. “Se non sei sua madre o sua sorella, sei sicuramente una battona”.
Sembra ridicolo dover affrontare ancora oggi determinati cliché, eppure sono così radicati e incastonati nella società che il rischio è quello di vederli promossi anche da alcune donne. Tramite i social media, infatti, vengono sempre più incoraggiati comportamenti che se non argomentati e discussi con chiarezza rischiano di rinforzare la visione della donna come oggetto sessuale a discapito di una sana emancipazione da sostenere.
Desiderio condiviso è la sorellanza che parte da un’astratta idea del genere femminile che deve lottare per difendere i propri diritti e far sentire la propria voce, ad una concretezza quotidiana del desiderare amicizie sane. Nello specifico, l’ambizione è quella di combattere quel “mi sento sola al mondo” intessendo relazioni significative tra donne. Donne che hanno vissuto situazioni simili e con le quali ci si può confrontare; donne con cui si convive in contesti comunitari; educatrici donne che credono nei valori di giustizia e uguaglianza.
Anche il tema famiglia lega e collega le storie raccontate. C’è chi si è sentita inferiore perché “non rappresentavo la famiglia felice” e chi è stata isolata dal marito e lasciata in una roulotte a vivere con i figli lontano dalla società per evitare qualsiasi forma di gelosia estrema. C’è chi ha subito vittimizzazione secondaria da parte dei famigliari del compagno violento, con accuse da una parte e svalutazione dall’altro. Parlando di famiglia non può mancare il tema della maternità. Racconti di figli nati da storie romantiche di una notte, figli lontani e figli allontanati, figli che vivono con il padre e figli soli. Gli occhi sono commossi e la sofferenza non è poca nel riconoscere le difficoltà che anche loro stanno affrontando ma in quel luccichio è impossibile non vedere l’amore che provano nei confronti di chi hanno dato alla luce e da cui hanno ricevuto forza e speranza per poter andare avanti. Forti come l’urlo di una donna in sala parto, intreccio di dolore e di gioia che spinge per una vita nuova, così sono loro oggi: affrontano la sofferenza per dar vita ad un nuovo futuro.